We’re Only in It for the Memory | episodio 3

Ritornare a scrivere in Rete per il gusto di raccontare se stessi e la realtà quotidiana che viviamo, per produrre memorie da leggere anche quando non ci saremo più.
Ha il fascino di un back to basics“one man and his guitar blog” – una delle riflessioni che Personalità confusa ci ha fornito nella conversazione inclusa in questa terza puntata: se la letteratura, come tutta l’arte – se credete a Pessoa – è la dimostrazione che la vita non basta, pubblicare su un blog è uno scampolo di possibilità anche se quel che rimarrà pubblicato sarà assimiliato, bene che vada, a una sorta di letteratura grigia.

Eppure, come ricordava un’analisi che Antonio Caronia scrisse sui blog italiani nel 2006:

“sbaglieremmo anche a non cogliere una richiesta, certo inconsapevole spesso, e confusa, di un nuovo “spazio pubblico”, in cui magari a essere in discussione non sono le grandi opzioni di carattere economico, politico e sociale, ma le scelte di vita quotidiana di una generazione sommersa da modelli comportamentali standardizzati e contraddittori, da offerte di merci pletoriche e caotiche.”

Antonio Caronia, “Comunicazione, viralità, contagio nella blogosfera”, (2006)

Ma quello che si potrebbe etichettare come semplice ritorno al privato – il tremendissimo riflusso – potrebbe essere un modo per intrecciare nuovi e più soddisfacenti legami, in un’esplosione di connessioni e di reciprocità – per riprendere le parole di Caronia.

Con il Confuso si è parlato della blogosfera dei primi anni zero e dei suoi geniali dilettanti, della pervasività degli odierni strumenti e della peculiarità del testo scritto, di auto-fiction e autoreferenzialità. Sono saltati fuori anche il primo decalogo dei blog – della Pizia – e un tweet di Dania sul successo.
Nel finale, l’interferenza di Davide Carbonai ha rimesso sul piatto il tema della memoria e della sua fragilità attraverso le parole di Alessandro Barbero in un bellissimo podcast sulla vita di Marc Bloch.
E negli ultimi secondi della puntata, se ci arrivate, c’è il monito di Kurt Vonnegut che da queste parti è come il primo comandamento per i cristiani:

We are here on Earth to fart around. Don’t let anybody tell you different.
“Siamo qui sulla terra per andare in giro a cazzeggiare. Non date retta a chi dice altrimenti.”

Kurt Vonnegut, “A Man without a Country”, (2005)

Dura un paio di minuti in più rispetto al solito, neanche 23 in tutto: buon ascolto.

Credits

Distribuzione e licenza

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“C’era una volta la blogosfera” è un podcast ideato, registrato e montato da Strelnik, pubblicato e distribuito sotto una licenza Creative Commons – Attribution-NonCommercial-ShareAlike 4.0 International (CC BY-NC-SA 4.0)

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La fiducia e l’algoritmo

Facciamo una prova con la vita reale, come se Internet non esistesse.

Fai conto che esci di casa e incontri uno o una che non hai mai visto. Ti ci metti a parlare cinque minuti al bar, dal parrucchiere o in mezzo alla  strada e quello o quella, senza nemmeno essersi presentato, comincia a dirti che sai, esistono delle sostanze rilasciate in cielo dagli aerei che noi respiriamo inconsapevolmente e è per questo motivo che siamo diventati così arrendevoli, passivi e obbedienti. Te ascolti, fai qualche faccia basita – scuola Stanis La Rochelle – poi mormori un “Mah, è un mondaccio” e te ne vai dove devi andare.

Poi, più tardi, quando torni a casa e parli con qualcuno – moglie/marito, figlioli, amici, vicini – manco ti viene in mente di dirgli che hai incontrato questa persona che ti ha rivelato un segreto di tali dimensioni. Perché a occhio ti sembra una stronzata e se proprio lo dici a qualcuno, fai prima una premessa dicendo che chi te lo ha detto sembrava molto convinto ma non ti ha fornito nessuna prova concreta del suo discorso. E specialmente non la conosci: nonostante all’apparenza sembrasse una persona ragionevole, non sai se puoi fidarti di lui/lei perché è la prima volta che la incontri.
Se poi la cosa ti ha un minimo interessato, potresti chiedere in giro se qualcuno ha mai visto quella persona e se ha detto a qualche altro le stesse cose che ha detto a te. Potresti andare in una biblioteca e cercare qualche libro o notizia sull’argomento. Potresti rintracciare la persona in questione e chiederle maggiori informazioni, opporle alcuni dubbi.

E poi online.

Ti capita una notizia simile scritta in un post di un sito Internet mai sentito rilanciato da qualche social mai sentito e te che fai?
Lo condividi aggiungendoci un tuo breve testo in cui ti incazzi per la pigrizia del popolo che non si accorge del sistema che lo fotte.
Di spendere mezz’ora di tempo per fare un controllo minimo di quello che stai appoggiando e diffondendo non te ne frega nulla.
L’importante è la dimensione sfogatoio, lo sguazzare nel confortevole confirmation bias e l’attesa dei like e delle faccine.

Fermo restando che anche questa volta si tratta di una questione di fiducia, io non ci credo o non ci voglio credere che le persone si fidino davvero di più di un algoritmo che di un’altra persona – come dice questo studio della Harvard Business School [.pdf | 407 KB]

Stanis La Rochelle - faccia basita
Stanis La Rochelle | Boris