Quando esce “La via del tabacco” Erskine Caldwell ha trent’anni, pochissimi soldi in tasca e due figli piccoli. Vive, insieme alla moglie, nella casa delle vacanze dei suoceri a Mount Vernon, nel Maine. Coltiva patate e rape, taglia la legna, e appena può, ingolfato di maglioni per sconfiggere il freddo dell’abitazione senza riscaldamento, si mette a scrivere.
È arrivato lassù dopo aver vissuto in svariate città degli Stati Uniti, cambiando molti lavori e non abbandonando mai l’idea di vivere della propria scrittura.
Dalla Georgia – dove era nato nel 1902, lui dice nel 1903 – si era trasferito prima a Philadelphia, dove si era iscritto senza laurearsi alla University of Pennsylvania e poi, sempre in Pennsylvania, a Wilkes-Barre dove aveva tentato la carriera di giocatore di football professionista. Quindi si era spostato a Atlanta dove aveva fatto il reporter per l’Atlanta Journal, lo stesso giornale in cui lavorava Margaret Mitchell, la futura autrice di “Via col vento”. Oltre agli articoli per il giornale, Caldwell arrotondava le entrate scrivendo recensioni.
Quando era nato il primo figlio si era trasferito a Charlettosville, in Virginia, dai genitori della prima moglie, Helen Lannegan, donna colta e emancipata che aveva sposato a Washington nel 1925, di nascosto dalle famiglie di entrambi.
Con l’arrivo del secondo figlio, Erskine e Helen avevano traslocato nella casa estiva dei suoceri, detta Greentrees, nel gelo invernale del Maine. Qui per sopravvivere Caldwell aveva continuato a scrivere brevi racconti e recensioni e, con le copie gratuite dei libri da recensire che riceveva dalle case editrici, aveva aperto una libreria a Portland, gestita da Helen.
A Mount Vernon la famiglia Caldwell sarebbe rimasta sette anni durante i quali lo scrittore, soffrendo fame e freddo, avrebbe visto pubblicati i primi racconti e i suoi primi due romanzi: nel 1929, per i tipi di una piccola casa editrice, la Heron Press di New York, era uscito “Il bastardo” – da poco ripubblicato in Italia da De Piante – le cui copie venivano subito sequestrate dalle autorità del Maine e bandito in altri stati. L’anno seguente era uscito “Un povero scemo” per Rariora Press – per trovare l’ultima edizione in italiano bisogna risalire a quella di SugarCo nel 1959.
I protagonisti di questi primi romanzi sono Gene Morgan, uno sbandato dal grilletto facile, figlio abbandonato di una prostituta con la quale finirà a letto e Blondy Niles, un pugile fallito alle prese con un allucinante mondo notturno fatto di pazzi, puttane, necrofilia e malviventi.
Violenza, colpi di scena, sesso e disagio: siamo già nel pulp, ma ci torneremo un’altra volta, in un altro post.
Un consiglio di Maxwell Perkins
Siamo nel 1931 quando, grazie a un anticipo di trecento dollari avuto dalla prestigiosa casa editrice Scribner’s, viene pubblicato “American Earth” – mai tradotto in Italia – una raccolta di racconti in cui Caldwell descrive le durissime condizioni dei lavoratori degli stati meridionali degli Stati Uniti e del Maine così come i linciaggi subìti dalla popolazione nera. Sono racconti nuovi e in parte già pubblicati su piccole riviste letterarie, curati e pubblicati grazie al leggendario editor della Scribner’s Maxwell Perkins – per chi non lo conoscesse, uno che ha scoperto e lanciato le opere prime di Fitzgerald e Hemingway, per dirne solo due.
È stato Perkins il primo a pubblicargli sulla selettiva “Scribner’s Magazine”, e a pagargli cospicuamente, due racconti, dopo che Caldwell gliene aveva spediti più di cento, tutti rifiutati.
“American Earth” riceve una buona accoglienza dalla critica e è ancora Maxwell Perkins a consigliare a Caldwell di scrivere un libro sul Sud rurale, un ambiente che conosceva bene fin da quando era un bambino.
Perché suo padre, Ira Sylvester Caldwell, era un predicatore della Chiesa presbiteriana riformata che si spostava di parrocchia in parrocchia, visitando le famiglie delle campagne sabbiose delle Sandhills. Contadini che sopravvivevano coltivando tabacco e cotone. Lui e la moglie – Caroline Preston Bell, insegnante di latino e inglese che mal sopportava quell’ambiente chiuso e isolato tanto da non mandare il figlio a scuola e facendogli lezione lei stessa – dopo molti trasferimenti negli stati del Sud, alla fine si erano trasferiti nella contea di Jefferson.
Nei suoi viaggi nelle fattorie tra Keysville e Wrens – dove la famiglia Caldwell si era stabilita – il giovanissimo Erskine accompagnava suo padre, vedendo con i suoi occhi le tremende condizioni in cui vivevano i piccoli agricoltori, bianchi e neri, della Georgia orientale.
Ira Sylvester Caldwell, predicatore e sociologo dilettante
Le visite pastorali di Ira non assomigliavano a quelle di molti altri predicatori che percorrevano gli stati meridionali degli Stati Uniti in quegli anni, ingannando e travolgendo chi li ascoltava con una marea di menzogne e tirate fondamentaliste nell’unico tentativo di far sopportare a quei fisici infiacchiti dalla fatica e a quelle menti stremate dalla disperazione il loro stato miserabile. I viaggi di Ira Sylvester Caldwell, oltre a aiutare concretamente le famiglie di agricoltori più indigenti – al costo di sottrarle al sostentamento della propria famiglia non certo ricca – miravano a ricordare ai mezzadri, e indirettamente a Erskine, che la loro condizione morale dipendeva dalle condizioni economiche in cui versavano. Il reverendo Ira sapeva che la crudeltà in cui erano immerse le comunità che incontrava non erano la conseguenza di piani diabolici, ma di condizioni concrete e materiali prodotte dal sistema economico; nei suoi discorsi non aveva mai bisogno di evocare il diavolo e le sue malvagie intenzioni, cosa che invece fa puntalmente Bessie Rice, la predicatrice che ne “La via del tabacco” rende chiare come le sue convinzioni siano diametralmente opposte a quelle del padre di Caldwell.
Così parla sorella Bessie:
“I buoni predicatori non predicano su Dio e il cielo e su altre cose del genere, predicano sempre contro qualche cosa, come l’inferno e il diavolo. Queste sono le cose contro cui si deve predicare. Un predicatore non guadagnerebbe niente a predicare su Dio; deve predicare invece contro il diavolo e contro tutte le cose peccaminose e cattive. È questo che la gente vuol sentire. La gente vuole sentire parlare delle cose cattive.”
Le storie e l’ambiente che il giovane Erskine incontra accompagnando il padre segneranno per sempre la sua mente: le privazioni e gli stenti di quelle famiglie numerosissime la cui prole vestita di stracci non andava a scuola così come la violenza e l’abbrutimento morale che regnavano in quelle baracche di legno, senza luce e acqua corrente, si imprimono nei suoi ricordi e costituiranno il materiale principale delle sue opere migliori. Quella del predicatore sarà una figura che ritornerà sovente nelle sue opere, proprio a partire da “La via del tabacco” che Scribner’s gli pubblicherà nel 1932, senza cambiare nulla – parola di un gigante dell’editing come Perkins – rispetto all’originale.
Caldwell segue il consiglio di Perkins, ritorna Wrens in Georgia e come gli accadeva da piccolo, accompagna di nuovo il padre nelle fattorie che costeggiano le “vie del tabacco”, le strade di sabbia create dal rotolamento delle botti – “recipienti enormi in cui le foglie di tabacco venivano imballate dopo esser state conciate e stagionate nelle capanne d’argilla” – che andavano dalle piantagioni fino alle rive del fiume Savannah dove venivano imbarcate e portate via per la lavorazione.
La sua descrizione di questi dannati della terra – per usare un’espressione che Frantz Fanon userà trenta anni dopo per indicare altri diseredati – è cruda e senza sconti: non c’è alcuna santificazione o nobilitazione delle loro sofferenze. Non c’è la dignità e i gesti di altruismo che John Steinbeck descriveva nella grande migrazione della famiglia Joad in “Furore” né tanto meno il ritratto del Sud aristocratico e gentile che renderà popolare “Via col vento” della già citata Margaret Mitchell.
La Grande Depressione in Georgia
I personaggi de “La via del tabacco” annaspano nella pigrizia e nell’egoismo, sono preda di una promiscuità, mischiata a una foia sessuale e a un utilitarismo meschino che non esclude incesti e matrimoni di figlie dodicenni per raggranellare qualcosa da mettere sotto i denti.
Anche se il suo crudo affresco ha la forza di una potente opera di denuncia sociale e la sua indignazione di fronte all’estrema povertà è sincera, la sua penna registra impietosamente lo stato di degradazione dei suoi personaggi, fino a renderli grotteschi e ridicoli nelle loro continue false partenze o nei loro stolidi fallimenti in una situazione di enorme impoverimento generale.
Sono gli anni della Grande Depressione, anni in cui le famiglie povere del Sud affrontano carestie e avversità che le lasciano letteralmente morire di fame. La Georgia, in particolare, al momento del famigerato Martedi nero (29 Ottobre 1929) sta già soffrendo un periodo di crisi economica in atto da una decina di anni: prima la diffusione del punteruolo del cotone, un insetto che rovinò molti raccolti, poi il calo dei prezzi del cotone, dovuto alla sovrapproduzione alla concorrenza estera e infine un periodo di siccità che durò tre anni, accoppiato a un sistema di irrigazione dei campi insufficiente e antiquato. Tecniche obsolete e uno sfruttamento intensivo dei terreni per aumentare la produzione di cotone da vendere portarono infine a una vera e propria erosione e desertificazione dei terreni. Così, già prima degli anni Trenta, erano stati in molti, specialmente nella popolazione nera, già vessata da salari più bassi e da angherie razziali, a lasciare le proprie terre per andare a lavorare nelle industrie tessili delle città o per emigrare più Nord. Molti altri persero le loro proprietà divenendo mezzadri e subendo le condizioni imposte dei grandi proprietari terrieri. La maggioranza di costoro erano bianchi poveri che vivevano con un reddito annuo al di sotto di 200 dollari. Quando poi le banche fallirono, la possibilità di credito per i piccoli agricoltori si ridusse a zero e mentre la maggior parte dei grandi proprietari riuscì a superare gli anni di depressione economica, per la maggior parte della popolazione che viveva di agricoltura fu una vera e propria catastrofe.
A questo sottoproletariato agricolo bianco, o forse ancora più in basso, ormai impossibilitato a accedere a un minimo di credito per comprare sementi e concime per coltivare la terra, scheletrito dalla fame e indebolito dalla pellagra, appartiene Jeeter Lester, il patriarca protagonista de “La via del tabacco”.
Verso la fama e la ricchezza
L’ambiente e i personaggi del romanzo piacquero a buona parte della critica, anche a quella impegnata, ma fecero infuriare i politici degli stati del Sud e molti abitanti delle contee dove il romanzo era ambientato. Nonostante i molti tentativi di censura, dal romanzo fu tratta un’opera teatrale che rimase in cartellone a Broadway per più di sette anni e nel 1941 un regista del calibro di John Ford ci fece un film sopra, anche se molto edulcorato rispetto all’originale su carta.
Se ancora nel 1934, a due anni dall’uscita del libro, Caldwell riusciva a stento a guadagnare sui quindici dollari alla settimana, pochi mesi più tardi era ricco e dagli anni quaranta in poi divenne uno degli scrittori più venduti al mondo.
Per spiegare meglio tutto questo bisognerà parlare dei paperback – le versioni tascabili – di letteratura pulp e di come l’Augusta Chronicle, il giornale più vecchio di tutti gli stati del Sud, operò una vera e propria opera di fact-checking sugli scritti di Caldwell.
Però nel prossimo post, ché qui siamo già andati lunghi.
P.S.: il titolo del post riprende volutamente il titolo della famosa canzone uscita nel 1969 “Son of a Preacher Man”, riportata in auge nel 1994 da Quentin Tarantino che la volle nella colonna sonora di “Pulp Fiction”. Pulp, e siamo a tre.
(Immagine via Library of Congress | “Erskine Caldwell firma alcune copie di “Tobacco Road”” | 1936)