Al diavolo – o perché voterò no al #Greferendum

Like Hegel on acid

Yes, it’s hard to find words to describe world events these days, but this comes close – foto via Nein Quarterly | twitter

 

Traduco questo post di Theodora Oikonomides perché mi sembra uno dei più adatti a rendere la situazione e lo stato d’animo che il popolo greco sta vivendo in questa settimana prima del referendum.
Su twitter Theodora è presente con il nickname IrateGreek: in caso non lo facciate già, seguitela subito.

Questi ultimi giorni devono essere stati i peggiori che mi sia capitato di vivere da quando sono venuta al mondo 41 anni fa, e questo non perché la Grecia si stia avviando verso il totale collasso economico. È perché la modica quantità di democrazia che in questo paese abbiamo avuto da sei mesi dopo la mia nascita è crollata, senza nessuna speranza di rivederla nell’immediato futuro.

C’e un’ironia tragica nel fatto che il chiodo nella bara della democrazia sarà confitto dal più democratico degli atti: l’annuncio di un referendum popolare. Naturalmente, un referendum annunciato con nove giorni di preavviso su una proposta che non sta in piedi è una farsa di per sé, e quando il primo ministro afferma alla televisione pubblica che è solo uno strumento di negoziazione, non fa altro che aggiungere la beffa al danno. Ma, in un contesto molto più ampio, questo è solo un aspetto della tragedia politica che la Grecia sta attraversando. Qualsiasi pretesa di rispetto del ruolo delle istituzioni si è volatilizzata già venerdi sera, sia per quanto riguarda le posizioni del “sì”, sia quelle del “no”. L’esempio più lampante di questo sono ovviamente i mezzi di comunicazione di proprietà degli oligarchi greci che hanno scatenato una campagna senza precedenti fondata sulla paura, martellando il pubblico con una serie di immagini di cittadini infuriati in fila ai bancomat e offrendo ai politici del “sì” una tribuna per ripetere fino alla nausea come il governo stesse cercando di portarci fuori dall’euro per farci ripiombare nel Medio Evo.

Nel frattempo, in un debole tentativo di contrastare quella che può essere solo descritta come spudorata propaganda da parte dell’élite socio-economica della Grecia, il governo ha lanciato un sito web allo scopo di informare la popolazione sul referendum, un sito che ignora tranquillamente qualsiasi argomento sia a favore del sì. Quello mi risulta particolrmente amaro è che ho votato Syriza credendo che avrebbe riportato la democrazia a funzionare. Chiaramente, mi sbagliavo.

E, come se non fosse abbastanza, sembra proprio che tutti in Grecia e all’estero, si preoccupino soltanto di trovare di chi è la colpa per tutto questo e non si preoccupino nemmeno un po’ di che cosa accadrà realmente alla Grecia e al suo popolo. E non sto parlando di quello che sueccederà quando ci sarà il crollo dell’economia – effettivamente era già accaduto molto prima che il controllo dei capitali entrasse in vigore. Sto parlando di che cosa accadrà ora che il quesito posto ai Greci è diventato molto semplicemente se vogliono una morte veloce e violenta o una lenta e dolorosa. Queste sono le scelte che il referendum ha da offrire, queste sono le scelte che la democrazia in Grecia nel 2015 ha da offrire. Come fa un paese, un popolo una società a riprendersi da questo? Come fai a riprenderti, non dalla risposta, ma dalla domanda stessa.

Per quelli che stanno cercando di trovare colpevoli, ho una cosa da dirvi: siete arrivati o troppo in anticipo o troppo in ritardo

Siete troppo in anticipo perché, siamo sinceri, nessuno può pretendere di asserire con certezza quali saranno le conseguenze in caso vinca il sì o il no. Qualsiasi sarà il risultato, il minimo che si può dire è che le relazioni tra la Grecia e l’Unione Europea saranno ridisegnate in un modo che impiegheremo anni a capire. Forse “No” significherà un’uscita dall’Eurozona, o forse no; forse ritornare alla dracma non è una buona cosa, o forse no. Parimenti, forse “Sì” significherà ancora più di austerity, dello stesso tipo che subiamo già da cinque anni, o forse significherà un nuovo tipo di austerity, forse questo nuovo tipo di austerity sarà più duro, o forse sarà più morbido – sperare si può sempre. Ma se affermate di avere risposte chiare e dirette a queste domande, una cosa è certa: state mentendo. Questo è un territorio inesplorato, per cui mostrate più umiltà. Non lo sapete, come non lo so neanch’io.

Dall’altra parte, se state cercando di attribuire delle colpe per quel che riguarda il processo che ci ha condotti in questo casino, siete in ritardo, davvero troppo in ritardo. Siete in ritardo perché questo processo va avanti da anni, e anche un bambino di dieci anni neanche troppo intelligente avrebbe potuto dirvi quanto l’economia greca e il sistema politico che la sorreggeva fossero marci, un bambino di dieci anni neanche troppo intelligente avrebbe potuto dirvi che i piani di salvataggio sono stati dei fallimenti, un bambino di dieci anni neanche troppo intelligente avrebbe potuto dirvi che l’attuale governo di Syriza non ha usato lo stessa linguaggio della sua controparte nei negoziati, e, soprattutto, un bambino di dieci anni neanche troppo intelligente avrebbe potuto dirvi che a un certo punto la merda avrebbe colpito il ventilatore. Dal 2010 siamo i testimoni di un disastro ferroviario al rallentatore. Siete davvero terribilmente in ritardo, se cominciate a appioppare colpe nel momento in cui la locomotiva raggiunge la velocità massima.

Così, dove ci porta tutto questo? Che cosa dovremmo votare? Esistono buone ragioni per votare “sì”? E ci sono buone ragioni per votare no? Esistono anche buone ragioni per votare affatto? Ecco che cosa: non ci suono buone o cattive ragioni quando puoi scegliere solo tra cattive opzioni. Esistono solo ragioni concrete, e questa è la mia.

C’è un’espressione greca che ho usato molto in questi ultimi mesi: “είναι κακοί, στραβοί, ανάποδοι, αλλά…” che significa “Sono cattivi, storti, irritanti, ma…” Questo è quello che ho da dire dell’attuale governo. Che possono essere cattivi, storti, irritanti. Che possono avere spettacolarmente fallito sul fronte economico/finanziario come su quello politico, possono essere il peggior governo che abbiamo mai avuto, per tutto quanto, ma sono il nostro governo e alla fine a noi renderanno conto.

Negli ultimi anni, troppe decisoni che hanno influenzato la nostra vita in maniera drammatica sono state prese da persone che sedevano a Brussels, a Francoforte, a Berlino e a Washington – davvero troppe, perché ci ha derubato della nostra capacità di partecipazione democratica come cittadini e come popolo. Queste persone non saranno mai responsabili davanti a noi perché troppo lontane dalla nostra portata. Beh, lasciamo che abbiano a che fare con altri. Noi possiamo avere a che fare con coloro che sono qui.

Così voglio uscire. Voglio uscire dall’Eurozona e voglio uscire dall’Unione Europea. Voterò “No” perché qualsiasi cosa possa eventualmente, forse, auspicabilmente, avvicinarci all’uscita dall’Euro è per me cosa abbastanza buona, vista la situazione. Ne ho abbastanza di questi anonimi alti funzionari europei che raccontano al Financial Times che stanno prendendo delle decisioni per me e di come vogliano un cambio di regime in Grecia. Almeno, se quello con cui devo avere a che fare è il mio governo, posso decidere anche per loro.

Se mi avete conosciuto, o se avete solo letto altri pezzi miei sul blog o su twitter, saprete che dal mio punto di vista questo è un corto circuito intellettuale. Lo è. Non è un buon motivo per votare no, ma non mi importa. Al diavolo. Questo è il mio motivo. Qual è il vostro?