E sicché back in town. (1)
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Strelnik. 3.0 me lo farei tatuare su una ginocchio, giusto per fisarmonicizzarlo ogni volta che compio un passo, andando verso il riscattarsi dalla schiavitù energetica; ritemprare i polpacci, scandire i giri intorno all’asse delle ruote e consumare le suole: questo c’è da fare.
Insieme al mio amore e a tutti quelli che lo vorranno; quest’estate ne ho incontrati di veramente ganzi e fraterni; e sono, per esempio, gli inventori e gl’interpreti di:– il Poli che, ormai messo fuori, lasciò baracca e burattini e s’incamminò dal Nord verso la Puglia,
– il piccolo Gasty che dai Murazzi, sopra e sotto, crea fumetti ogni volta che muove la coda,
– quattro bici a zonzo per il lungomare dell’Adriatico abruzzese in mezzo a sogni libertari, tuffi e soste ristoratorie,
– tre toscofiguri nella città vecchia e sul lungo Reno di Colonia, saturi di caffeoni, campari soda scomposti e birre molto buone, ma piccine.Tempi, luoghi e persone da intrecciare ancora, mentre faccio cose nuove. La sfida dei fatti dietro l’angolo insieme alla felicità della mia compagna.
Prima di tutto: re-inventarsi zone di comunicazione e condivisione diretta – partendo dai propri rapporti individuali generare ben relazionali interessanti.
Poi solo vino rosso, per un po’.
Qui ricordo anche Stefano Rosso e David Foster Wallace che ora non sono qui e poi il segno del costume alla riconquista dei territori ceduti alla bronzatura.