Propagandhi - At Peace - Video animations di Lucius Amberg

Il costo emotivo del caos

Penso che finora la reazione alla canzone “At Peace” sia come la sensazione che le persone si rispecchiano nella canzone in termini del costo emotivo che gli eventi mondiali hanno avuto su di loro. E a volte anche solo sentire qualcuno che mette in parole capaci di riecheggiare il caos dei tuoi pensieri ti dà una piccola spinta, come sapere che qualcun altro sta vedendo il mondo per quello che è invece del mondo per quello che non è.

Queste le parole di Chris Hannah, voce e chitarra dei Propagandhi, nell’intervista sul singolo che dà il nome al loro ultimo disco – in uscita per Epitaph Records il prossimo 2 maggio, dopo otto anni dall’ultima produzione.

Ne ho scritto per Humans vs Robots nella sezione Tracce, partendo da un possibile conflitto tra Canada e Stati Uniti che il gruppo punk hardcore di Winnipeg aveva immaginato venti anni fa. Quando siete lì, cliccate sul link che porta al video su YouTube: le animazioni politiche di Lucius Amberg valgono la visione.

La Navata Centrale | via Flickr

Verrà la neve

È facile, o almeno è più facile, diventare amici quando si è nati nello stesso paese o si sono frequentate le stesse scuole.
Quando invece succede che incontri il tuo migliore amico che hai già passato da un bel pezzo i vent’anni significa che forse sono entrati in gioco altri fattori: chiamali misteri, giravolte del caso o botte di fortuna. Nella vita sono eventi rari, ma non impossibili.

Perché questo è successo quando ho conosciuto David: in pochissimo tempo, forse poche ore, ho capito come l’intelligenza dissacrante delle sue parole e dei suoi gesti avessero sempre la forza di colorare ogni situazione – anche la più grave e assurda – di una luce sincera, verace e terrena, come sanno fare certi quadri del Caravaggio quando per raffigurare una scena sacra prendono come modelli delinquenti o prostitute.

Dopo aver fato questo esempio, David mi piglierebbe in giro di sicuro perché, senza ostentare mai niente, aveva il dono di tenere insieme argomenti altissimi con quelli schiettamente popolari: dalle analisi storiche dei Wu Ming ai monologhi di “Berlinguer ti voglio bene”, dagli algoritmi dell’intelligenza artificiale a un lungolinea di Sinner.

C’è chi sa smussare ogni angolo di tristezza con arguzia e empatia: David lo sapeva fare, aggiungendoci anche un pizzico di sano surrealismo.
Anche nelle estati più torride degli ultimi anni, ti guardava tra il serio e lo speranzoso, lasciandoti a bocca aperta quando ti diceva:

“T’immagini domani ci si sveglia e c’è la neve!”

Ciao Davi.

(Immagine: “La Navata Centrale” di Roberto Ventre | via Flickr)

Going Underground - documentario di Lisa Bosi sui Gaz Nevada

Dalle stanze della Traumfabrik al cinema

Lisa Bosi ha raccontato la loro storia nel documentario “Going Underground”: 78 minuti che ripercorrono le imprese marce, provocatorie e furbe dei Gaz Nevada.
Si erano formati dall’ala musicale presente nelle stanze occupate di via Clavature, 20 a Bologna, dove facevano impazzire – ma anche divertire – il povero Filippo Scòzzari che dell’appartamento era uno degli occupanti fin dall’inizio quando, al termine di un corteo, insieme a un gruppo di autonomi sardi, sfondato il portone, si installò a disegnare nell’appartamento che diventerà la Traumfabrikla fabbrica dei sogni – riportata con entusiasmo anche nelle prime opere bolognesi di Paz.

Se volete saperne di più e scoprire anche altri materiali video sul gruppo bolognese, partite con l’articolo di news scritto per Humans vs Robots e poi cercatelo in sala o dove approderà.

(Immagine via Lisa Bosi | fotogramma dal documentario)

POV LAB Time - Tie Traveller POV - AI videos

Dall’eruzione di Pompei alla peste nera: ancora sulla storia animata dalle AI

In raccordo di continuità con il post precedente, un altro esempio di come viene usata la tecnologia per raccontare la storia: siamo ancora dalle parti dei video interamente prodotti da intelligenze artificiali generative e diffusi su TikTok e YouTube.

Nelle ultime settimane su TikTok stanno ottenendo milioni di visualizzazioni alcuni video realizzati interamente con l’intelligenza artificiale che riproducono ambientazioni e situazioni storiche del passato: tra i più visti ci sono quelli realizzati da The POV Lab e Time Traveller POV – per chi, come me, non usa TikTok i sopracitati link puntano ai rispettivi profili YouTube.

I titoli dei video spiegano già tutto: per citarne due, “POV: You’re a kid in Egypt 1250 years before Christ” o “POV: You wake up in 1351 During the Black Plague”.
Si tratta di video in stile POV (Point of view): per capirci, il punto di vista è lo stesso dei videogiochi sparatutto in prima persona o di quella categoria del porno in cui uno dei o delle performer regge direttamente la videocamera – e non fate finta di non sapere di cosa si tratta. Come spiegazione potrei anche citare il gonzo journalism di Hunter Stockton Thompson o la soggettiva nel linguaggio cinematografico, ma poi mi dicono che questo blog è troppo elitario* e allora vi bastino i primi due esempi e, anzi, per rimanere più sulla cultura di Internet contemporanea, vi lascio come riferimento anche l’apposita categoria dei meme.
La durata dei video varia dai trenta secondi al minuto, il formato ideale per essere diffusi prima di tutto su TikTok e poi nella categoria “Shorts” di YouTube: ovvio che con minutaggi di questo genere, il loro scopo principale non può essere quello dell’approfondimento, quanto piuttosto quello emotivo.
Yasmin Rufo della BBC ha sentito sia i creatori sia alcuni storici, evidenziando i pro e i contro che questo approccio comporta.

Tra gli storici intervistati la critica a questa tipologia di video è rivolta alle inesattezze e gli errori presenti nella rappresentazione visiva delle scene e, pur ammettendo che questo tipo di contenuti possono essere utii per stimolare e incuriosire le persone a interessarsi a un periodo storico, hanno sottolineato come le ricostruzioni storiche dovrebbero basarsi su ricerche approfondite e fonti verificabili.
Tra le critiche mosse anche quella di non fornire nessuna fonte – un appunto sulla trasparenza delle fonti che avevo già evidenziato nel post precedente sul video dedicato alla memoria dei soldati neri nella guerra civile americana. Hogne, il ventisettenne norvegese creatore dei video di Time Traveller POV, ha ammesso che nei prossimi video potrebbe prendere in considerazione l’aggiunta dei link delle fonti da cui ha ottenuto le sue informazioni. Speriamo.

Tre miniature dei video dalla home del canale YouTube di The POV Lab

Altra considerazione è quella che, nonostante i video abbiano l’etichetta di contenuti creati da AI – come assicura Dan, il creatore inglese di POV Lab – leggendo i commenti, si osserva come ci siano persone non consapevoli di questo. Che questo dipenda dalla poca attenzione richiesta dalla fruizione dei contenuti TikTok o dalla pigrizia di chi guarda, non è comunque una critica campata in aria. L’attendibilità e la verifica delle fonti non sembra essere in cima alla lista di chi passa da un video a un altro, completamente diverso, nel giro di meno di pochi minuti: l’infinite scrolling promosso dalle piattaforme produce anche questo effetto, non è una novità e non finirà presto.
La storica dell’architettura Amy Boyington, molto attiva nella diffusione della storia attraverso i social media, spiega come l’aspetto suggestivo e sensazionale prevalga su quello dell’accuratezza storica e sintetizza così la sua analisi: “Sembra qualcosa uscito da un videogioco perché mostra un mondo che dovrebbe sembrare reale ma che in realtà è falso.”

Ora, visto che è stato menzionato, sarebbe da parlare di come si possa studiare e approfondire la storia attraverso un videogioco, ma lo faccio la prossima volta perché il post è già abbastanza lungo e non vi voglio certo stancare le pupille o sfiancare le sinapsi. O non voglio che il mio critico misterioso possa rincarare la sua dose e tacciarmi ancora di più di elitarismo culturale.


* chi me lo ha detto per ora non voglio rivelarlo, ma proviene da una fonte insospettabile e non so ancora quanto affidabile.

(Immagine di testa: frame dai video dei due canali YouTube già linkati nel post)

Grzesiek Czapla/Woe by Caroline Harrison

Nascere e rimanere indie

Le alternative ai giganti della distribuzione musicale online – Spotify, Apple, Google, Bandcamp, TikTok – esistono e operano ogni giorno negli spazi che le grandi piattaforme non hanno interesse o non riescono a conquistare. Una di queste piattaforme si chiama Ampwall, è online dallo scorso settembre e ha nell’indipendenza e nella cura della sua comunità i suoi punti di forza.
Ne ho scritto su Humans vs Robots in un post di news che comincia così:

Si fa presto a dire indie: il problema è rimanerlo quando arrivano tanti soldi e quella che era la spinta iniziale muta significativamente. Succede sia ai musicisti sia alle riviste musicali e, forse più di tutti, alle piattaforme che distribuiscono musica online: è successo così a Bandcamp, che nel giro di un anno e mezzo è stata venduta due volte.

Per leggere tutto l’articolo, proseguite sul sito di HvsR dove lo trovate sotto il titolo “Ampwall, l’alternativa a Bandcamp che vuole rimanere indipendente“.

(Foto di Caroline Harrison | via Ampwall)