ISI

Di ritorno dall’Olanda ho trovato una sorta di equilibrio furioso: l’ho chiamato ISI.

D’istinto si potrebbe anche intenderlo come l’inglese “easy”, ma è qualcosa di diverso.

Prima di tutto è l’acronimo sia di “Io Sono Inutile” sia di “Impenitente Superbia Interna”.

È lo stato mentale da collocare a metà tra il freno alla voce rotta dai porcoddio per le fatture non pagate e l’acceleratore dei minuti storpiati dall’accidia.

È l’attitudine che viene dal ricordo dell’«è triste assistere agli sforzi che fai per essere come gli altri» del Cacciooppoli martoniano come dall’incompatibilità alla tirannide dei parecchi che mi spaccano il cazzo da trentasett’anni in qua.

Ogni angolo di strada, ogni pietra o sasso di città e paese, ogni zolla di campo raccoglie una sua storia: ISI è il tentativo di rispettarle tutte con l’illusione di inscenare da solo la propria.
Senza avere nessuno sopra (super), senza lasciare qualcuno sotto.

ISI è molto altro, ma ancora non lo so.

Finché dura.

Pensare coi piedi

my fuckin' shoesLo so che in questi momenti ci son robe più grosse.
Tipo che son morti due come Antonioni e Bergman.
Tipo che ci sono parlamentari che stanno dentro i partiti più moralisti e poi vanno a farsi le nottatine brave.
Tipo che Previti non è più deputato.

Ma c’è ‘sta cosa delle Crocs che spopolano anche tra i blogger che io proprio non la capisco.
Sarà che a me le Crocs mi fanno cacare.
(anche se ce l’ha anche il fratello mio arseni’ – verdi, coi buchetti e tutt’il resto gommoso)

Sarà che sono della vecchia guardia * della scarpa da tennis miasmica, rugosa e da deporre fuor di finestra a fine giornata.
E bona lè.

* al massimo s’accetta un sandalo minimalista assassino, con la loia bella esposta di tra le dita.

Campioni da strada .1

Dialogo campionato stamattina davanti a uno sportello bancomat:

A. “La vita, alla fine, è una stronzata”
B. “Sì, anche meno”
A. “Non sappiamo gestire lo sballo di stare al mondo”
B. “Una freca di gente in fila a disintossicarsi”
[Si libera il bancomat]

A. “Tocca a noi”
B. “Vai, t’aspetto qui”
A. “No, vieni, vieni, tanto non mi ricordo mai il codice”

Ti perdono dio

[via Macubu]

Mi piace molto questo racconto di miic;
aggiungo questa mia mostruosità logica: e se nessuno di noi meritasse di morire perché nessuno è attrezzato o merita la vita eterna? Così non ci sarebbe nemmeno da perdonare il padreterno per averci lasciato morire.

E poi:
“Ciò che veramente mi interessa è se Dio avesse potuto fare il mondo in una maniera differente, cioè se la necessità di semplicità logica lasci qualche libertà”
(Albert Einstein)