Come Netflix per la videoteca
Una decina di anni fa era abbastanza probabile che il navigatore medio di Internet avesse sentito parlare di RSS. L’acronimo che sta per Really Simple Syndication, o Rich Site Summary – dipende dalla persona a cui lo chiedi – è un formato, facilmente comprensibile da programmi per computer differenti, che i siti web e i podcast possono usare per distribuire un flusso di contenuti ai lettori e agli ascoltatori. Oggi, nonostante continui a potenziare numerose applicazioni web, l’RSS è diventato, per la maggior parte dellle persone, un’oscura tecnologia.
Così inizia “L’ascesa e la scomparsa degli RSS”, un post di Sinclair Target che ripercorre in maniera dettagliata e genuinamente geek la doppia invenzione, la diffusione e la sua progressiva marginalizzazione.
L’articolo, pubblicato giusto un paio di anni fa sul blog “Two-Bit History” è stato progressivamente arricchito con le interviste a Dan Libby, Eckart Walther e Ramanathan V. Guha, all’epoca sviluppatori per Netscape, autori del primo formato RSS nel 1999.
Per gli appassionati di storia dell’Internet e della tecnologia web, il post di Sinclair Target è una vera miniera d’oro: per esempio, minuziosa e ben supportata da fonti verificabili, è la ricostruzione delle vicende interne alla comunità di sviluppatori che dall’iniziale convergenza sul formato RSS 0.91 portò alla scissione – l’RSS fork – già alla versione 1.0.
Protagonisti della storia sono da una parte Dave Winer e la sua Userland Software, già autore di uno dei blog più vecchi del Web – Scripting News, attivo dall’Ottobre del 1994 – che aveva già inventato un suo formato per distribuire i contenuti della sua piattaforma di blogging. Dall’altra, c’è il RSS-DEV Working Group tra cui Rael Dornfest di O’Reilly Media, Ian Davis e un precocissimo Aaron Swartz che, appena quattordicenne, viene accompagnato dal padre ai meeting che si tenevano ogni tanto.
Nonostante la nascita di specifiche del formato in competizione tra loro, i feed RSS hanno conosciuto la loro più ampia diffusione negli anni zero; è del 2003 un articolo del NY Times che spiega ai propri lettori cosa sono e come usarli. Anche quando, nel luglio del 2013, Google decide di chiudere il suo lettore di feed RSS – Google Reader – l’RSS reader più diffuso e usato per seguire notizie da blog e siti – i sostenitori dell’RSS e i produttori di reader non si arrendono, anzi per qualcuno è il momento buono per liberare le potenzialità dello strumento dalle gabbie di Google Reader – un prodotto monopolista costruito su una tecnologia anti-monopolista – e farlo di nuovo rientrare nel gioco di tutti e in una più interessante fase della sua storia.
Anche se li hanno dati per morti svariate volte – come accaduto e accade per i blog – i feed rss sono ancora qui con noi da più di due decenni dalla loro nascita. Sono usciti fuori anche nella seconda puntata di “C’era una volta la blogosfera”, ricordati da Enzo Baruffaldi come utile accessorio di syndication per i blog musicali:
“Abbiamo cominciato a salvare gli mp3 e poi – nel frattempo erano nati i feed RSS, cioè avevamo capito certe piccole cosine meccaniche. A un certo punto c’è stato uno davvero che mi ha detto “ma tu vuoi oltre a mettere gli mp3 lì…” – non mi ricordo dove li salvavamo, forse avevamo una paginetta su blog spot parallela, così – mi ha detto “guarda che puoi fare questa cosa con i feed RSS e gli mp3 e diventa un podcast.”
Enzo Baruffaldi, “C’era una volta la blogosfera” | Episodio 2
Anche se l’argomento – almeno a sentire a Google Trend – sembra decisamente in declino, si continua a parlare di feed rss anche oggi. Due esempi recenti e poi chiudo.
Il primo è tratto da una diretta Facebook in cui Alberto Puliafito, fondatore e direttore di Slow News, intervista e dialoga con Antonio Pavolini – con il suo Pendodeliri tra i primi sperimentatori di podcasting in Italia – per l’uscita di “Unframing, un libro da leggere il prima possibile perché recuperare un po’ di autonomia nel decidere ciò che è rilevante è necessario come l’aria pulita.
A un certo punto, via chat, gli ho fatto una domanda sui podcast e sulla loro possibilità di invertire il flusso e lui mi ha risposto che:
Il podcasting è rimasto un’arena miracolosamente libera dove le persone inseguono davvero i loro interessi. Anche perché hanno quel breve momento in cui attivano due neuroni e dicono “ma su che cosa io vorrei ascoltare un podcast?”.
Antonio Pavolini | “Unframing” – Slow News Fb live (min. 45:38)
Per un attimo sono fuori dal flusso e questo li salva, anche se sappiamo che il consumo del podcast parte da un livello di alfabetizzazione informatica piuttosto elevata.
In quel capitolo [del libro] c’è anche una parte su che cosa purtroppo è anche diventato il podcasting rispetto ai tempi… adesso divento il classico trombone che parla dei bei tempi andati… [Alberto Puliafito: “Il primo album era meglio, giusto?”] sì, i tempi in cui c’era dietro anche un movimento di liberazione dei contenuti, c’erano i feed rss che oggi praticamente non esistono più. Ormai per podcast si intende qualsiasi file audio che ti può arrivare da Google Home e indico la cucina perché li ascolto lì…
Il secondo è la notizia di appena due giorni fa che Google Podcasts ha deciso di supportare la sottoscrizione attraverso gli RSS anche per feed privati e a pagamento.
È una cosa piccola, ma anche un segno di resistenza perché
stubbornly adding an RSS feed to your blog, even in 2018, is a political statement. That little tangerine bubble has become a wistful symbol of defiance against a centralized web increasingly controlled by a handful of corporations.
Sinclair Target, “The Rise and Demise of RSS” | Two-Bit History blog
Qualche riga finale per gisutificare il titolo di questo post: l’immagine all’inizio del post è uno scren-grab di una presentazione video di Lee LeFever dell’Aprile del 2007 – doppiato in italiano e messo online da Luca Mearelli – che descrive in una manciata di minuti che cosa sono e come si usa un feed reader. Senza entrare in tecnicismi o divagazioni sull’importanza dell’xml e usando le schermate dei siti, stampate su fogli di carta e ritagliate come un prezi ante-litteram o un’infografica di Ballarò, il video ha il merito di spiegare il concetto delle informazioni che, dopo un scelta precisa, vengono a te. E l’autore, per trovare un’analogia analogica, dice “è come Netflix paragonato alla videoteca“.
Il video è del 2007 e allora Netflix era un’attività ancora basata sul noleggio dei DVD e che sarebbe entrata nello streaming online solo l’anno successivo mentre il feed RSS viveva un suo momento di splendore a livello mondiale tanto che essere paragonati a Netflix poteva quasi essere sminuente.
Buffo oggi che molti ambiscono a diventare la Netflix di qualcosa, podcast o cultura che sia.
Nel frattempo i feed RSS, come una talpa, fanno il loro lavoro.