Giugno imprendibile
Un piccolo, grande viaggio che abbiamo fatto insieme, io e Beppe.
Estate del millenovecentottantasei: c’era il torneo paesano di calcio, allora si giocava ancora al glorioso quanto zolloso “C. Paganelli”, tra gli alberi e le piccole cascate di Granchiaia. Era un sabato e la nostra era la seconda partita, quella che finiva alle sette e mezzo di pomeriggio. Quell’anno giocavamo nella stessa squadra, Porta Pisana, se non ricordo male. Dopo la doccia c’era da ritornare in paese, a un paio di chilometri dal campo. Salimmo tutti e due sulla tua Vespa bianca, la mia borsa nel portapacchi di dietro, la tua sulla pedana, adagiata alla scocca. Facemmo i primi tornanti della Camera piano piano, chiacchierando di mare e vacanze, di campeggi a Vada e di dove saremmo potuti andare una volta maggiorenni. Erano isole del Mediterraneo ancora indistinte: Ibiza o Ios che fossero, erano vie di fuga in corsa, sprovincializzazione a colpi di alcol e fantasia. A metà salita ci chetammo e facemmo le ultime curve piegandoci per benino, per non perdere velocità e arrivare in cima alla collina con un po’ di sprint addosso. Davanti casa mia ci salutammo con un’occhiata, ci si vede in giro non importava nemmeno dirlo. Ognuno secondo i suoi desideri, a ognuno secondo i suoi tempi.
Quell’estate lì, Beppe, è stata una delle più belle della mia vita anche per quel passaggio che mi desti, senza casco, coi capelli ancora bagnati – i miei corti e punkeggianti come un tedesco dell’Est, i tuoi lunghissimi, ricci, indomabili, hippy post-moderno senza bisogno di India e arancione. C’era Giugno che ci rendeva imprendibili: preti, scuola, orari fissi, tutto si arrendeva davanti alla fame delle nostre giovinezze sguaiate e saltellanti, saldate nella libertà delle vacanze.
Non so in quale dimensione tu possa essere adesso, so che la prima immagine che mi viene in mente quando penso a te è quella in cui siamo ancora lì che ridiamo mentre le ombre dei castagni ammorbidiscono l’asfalto, piegati sulle curve, complici e fragili come si è sulla soglia dei vent’anni. Con tutta la vita davanti: lunga o corta, maledetta o pacifica che sia. La nostra, la tua, la mia.
Calzolai
La vespa, i castagni, i sogni. L’amicizia. Mi sembra d’esserci.