La verità sulle api

Ho stabilito, come massime cui ci si deve sempre attenere, che i poveri siano rigorosamente tenuti a lavorare, e che è prudenza alleviare i loro bisogni, ma follia eliminarli […]. La ricchezza più sicura consiste in una moltitudine di poveri laboriosi.
(B. de Mandeville, La favola delle api)

FIOM - Manifestazione nazionale - Roma, 16 ottobre 2010Working poors. Poveri che lavorano: le sue fila si ingrossano da trent’anni; decenni fatti di perdita di diritti e di sangue dal naso, di lustrini mass mediatici a coprire l’odore di ritorno all’antico, a prima del terribile e breve novecento.
La differenza, nei prossimi anni, sarà sempre più tra chi pensa e chi non pensa, tra chi avrà la pazienza e la forza di guardare in faccia il domani e i passi da intraprendere per renderlo migliore dell’oggi e chi continuerà a contorcersi per nervosa forza d’inerzia, rimuovendo dall’orizzonte qualsiasi traguardo se non quello del massimo profitto, hic et nunc.
Tra queste due opzioni è naturale che ci sia conflitto; solo che oggi il conflitto sociale è un corpo a corpo1, essendo compresso e innescato tra i singoli individui, molte volte ferocemente aizzati l’un contro l’altro da bisogni indotti e modelli di riferimento luccicanti e ingombranti come uno yacht a Porto Cervo. Il rischio è una moltitudine di poveri laboriosi pronta a scannarsi a vicenda per un tozzo di pane: non siamo ancora a questo, ma la scivolata è in atto da un bel po’ d’anni.
Il lavoro e il lavoratore si vogliono ridotti a una merce come tutto il resto: operai metalmeccanici e lavoratori della conoscenza2, studenti, ricercatori e insegnanti, partite IVA e freelance, precari e disoccupati: tutti nella stessa situazione, stavolta uniti e solidali.
Da sempre, coscientemente, sono uno di loro.

  1. questa è del sociologo Carbonai, ieri, via Skype []
  2. S. Bologna, Operai della conoscenza, alfabeta2 []