Marxionne a Detroit
L’amministratore delegato di Fiat e Chrysler, Sergio Marchionne, inaugura a Detroit il nuovo anno aggiungendo al consueto maglioncino scuro un volto da barbudos completo di sciarpone grigio.
Marxionne http://t.co/HTl2PBwS
— giulio verme (@zeropregi) January 9, 2012
E chi se ne strafotte – potrebbero rispondere gli operai e i delegati della FIOM che dal primo dell’anno si son visti sfrattare da Mirafiori, certamente più preoccupati dalla gestione autoritaria di Marchionne che delle sue mise da perenne casual Friday.
Più che giusto, ma una riflessione veloce e qualche ipotesi vale la pena farla.
Al primo impatto il nuovo look potrebbe essere un invito alla sobrietà e ai sacrifici che il governo Monti con aplomb e grigia stitichezza sta proponendo alla solita maggioranza di popolazione.
#Marchionne vuole fingersi barbone per eludere i controlli della finanza. Ha pure lo sciarpone cheap. Vecchio briccone! http://t.co/l3EFfTE3
— Monia (@liv_77) January 9, 2012
Ma a Marchionne, che pur apprezza Monti, credo freghi poco di fare da testimonial a uno Stato e ai suoi problemi. Lui è un manager globale, ha tre cittadinanze, mica puoi imbrigliarlo nelle beghe nazionali.
Poi, in questi giorni, leggendo questo post su Giap, mi è tornato in mente quello che, all’incirca un anno fa, ha scritto Mario Tronti a proposito dell’AD Fiat:
È un politico fuori del palazzo. Non viene però percepito come un esponente della società civile. A meno di sorprese, o di svolte clamorose, non si sente parlare di una sua discesa in campo. Non è un Montezemolo che dal predellino della sua rossa Ferrari o dal suo passato di presidente della Confindustria si affaccia sul teatrino della politica. Non è nemmeno il solito governatore di Bankitalia, pronto a correre a salvare i conti pubblici. Marchionne è il rappresentante di un’antipolitica, diciamo così, nobile, comunque non plebea, sicuramente non populista. È lui il vero uomo del fare. Il suo maglioncino d’ordinanza è più che un vezzo: blu, come le tute dei suoi operai. Dà piuttosto l’idea di una scelta simbolica. Mi dicono che si è presentato così al Quirinale, ricevuto dal capo dello Stato. L’etichetta istituzionale, espressa nelle grisaglie degli uomini politici, non fa per lui. Interessante è questa volontà di potenza extraistituzionale, che vuole marcare una differenza formale. Come dire: io maneggio i problemi reali, mi occupo di rapporti materiali, sono sempre sul luogo di lavoro, non posso stare in giacca e cravatta.
(Mario Tronti, “Berlinguer a Pomigliano” in “Nuova Panda, schiavi in mano”, Derive Approdi, 2011)
Come fai a dirgli di rimanere e rispettare le regole a uno così?