OccupyGezi e il diritto alla città
“Rivendicare il diritto alla città significa rivendicare una forma di potere decisionale sui processi di urbanizzazione e sul modo in cui le nostre città sono costruite e ricostruite, agendo in modo diretto e radicale.
Fin dalla loro fondazione, le città sono sorte attraverso la concentrazione geografica e sociale di una eccedenza di prodotto. Dunque l’urbanizzazione è sempre stata in qualche modo un fenomeno di classe, dal momento che le eccedenze sono sempre state ricavate in qualche posto e da qualcuno, mentre il controllo sul loro uso è sempre rimasto nelle mani di pochi (per esempio, di un’oligarchia religiosa o di un leader militare carismatico).Naturalmente questa situazione persiste anche sotto il capitalismo, ma con una dinamica piuttosto diversa. Il capitalismo è basato, come ci dice Marx, sulla continua ricerca del plusvalore (profitto). Per produrre un plusvalore i capitalisti devono produrre un’eccedenza di prodotto. Questo significa che il capitalismo produce in continuazione l’eccedenza di cui l’urbanizzazione ha bisogno. Questo ragionamento regge anche nel senso inverso. Il capitalismo ha bisogno dell’urbanizzazione per assorbire i prodotti eccedenti che produce in continuazione.
(David Harvey, “Il capitalismo contro il diritto alla città”)
Che non si tratti di una questione di alberi, nonostante la difesa di Gezi Parki abbia fatto da scintilla iniziale, è ormai chiaro a tutti. La repressione brutale e prolungata della polizia, la presenza sempre più numerosa di manifestanti a piazza Taksim, l’allargarsi delle proteste su tutto il territorio nazionale, la censura dei media, la serie di dichiarazioni tra il truce e il ridicolo del primo ministro turco, le centinaia di feriti, le migliaia di arresti, forse alcuni morti. Difficile imputare una situazione simile a una semplice battaglia ecologista.
[Foto via djvjgrrl]
Pur essendo nate nell’opposizione a una politica di riconfigurazione urbana in atto da diversi anni a Instanbul e in altre città della Turchia, le mobilitazioni sono già diventate molto di più.
[…] This is not about urban redevelopment or green spaces anymore. It is about how a government due to its immense popularity has been growing more and more intolerant of those minority or criticising voices. It is about how democracy should not be a tyranny of the majority. And most of all it is about police brutality, it is about taking police accountable to their wrong doings, and that the government should learn to respect freedom of expression and assembly (regardless of what they are for) and not crush it with repressive police force.
(From privileged activism to an outcry against repression: #OccupyGezi and AKP)
Quel che è nato da #occupygezi può rappresentare l’opposizione più efficace al potere decennale di Erdogan e dell’AKP, sempre più conservatore in economia e più autoritario verso chi dissente.
They came from all around Istanbul. They came from all different backgrounds, different ideologies, different religions. They all gathered to prevent the demolition of something bigger than the park: the right to live as honorable citizens of this country.
These people are my friends. They are my students, my relatives. They have no «hidden agenda» as the state likes to say. Their agenda is out there. It is very clear. The whole country is being sold to corporations by the government, for the construction of malls, luxury condominiums, freeways, dams and nuclear plants.
(Insanlik Hali, “What is happenning in Istanbul?”)
[Instanbul dimostra la propria solidarietà ai manifestanti. Cacerolazo da finestre e terrazzi e luci intermittenti – video di Khaled Akil]
“Tutte le persone che hanno a cuore la libertà e l’emancipazione dovrebbero quindi dire al popolo turco: benvenuti!”
(OccupyGezi: il messaggio di Slavoj Žižek)