UK Subs | 3 LIVE songs at LA Punk Invasion 2025 | YouTube

Da qui non si passa, niente concerto

La Gran Bretagna ha avvisato i propri cittadini sui rischi che corrono nell’intraprendere un viaggio negli Stati Uniti, viste le tremende situazioni che alcuni visitatori hanno sperimentato sulla propria pelle una volta giunti nel paese stretto nelle misure repressive dell’amministrazione Trump. Si rischiano l’arresto e l’espulsione e un prolungato trattamento di detenzione di certo non tipico di un paese civile.

È il caso di Rebecca Burke, grafica britannica di ventotto anni, che è stata trattenuta per diciannove giorni in una struttura quando ha provato a entrare negli U.S.A., certa di aver seguito correttamente tutte le procedure d’ingresso. È stata poi rimpatriata, in catene – manco fosse Hannibal Lecter – con un volo diretto in U.K..

Una cosa simile, anche se senza schiavettoni e solo per venticinque ore, è accaduta a tre componenti degli U.K. Subs, il gruppo punk rock londinese che dagli anni ’70 infiamma palchi e creste di mezzo mondo. Alvin Gibbs, il bassista della band, ha raccontato quello che è successo in un post sui social: se volete saperne di più spostatevi sul post di News che ho scritto per Humans vs Robots sotto il titolo “U.S.A., mi avete annoiato (e rimpatriato)”.
E niente coast to coast per un bel po’, mi sa.

(Immagine: frame da UK Subs | 3 LIVE songs at LA Punk Invasion 2025 | YouTube)

Fuga dai nazi, dai bulli e dalla tempesta | Veni, vidi, scripsi 02

Fuga dai nazi, dai bulli e dalla tempesta

Secondo post di Veni, vidi, scripsi: altri tre video che mi è sembrato interessante segnalare tra quelli visti in questi ultimi tempi, sempre in tema di letteratura, cinema e musica.
I link ai video sono quelli con lo sfondo nero.

Stavolta si parte dal cinema. E più precisamente da “Cerdita”, il cortometraggio – vincitore del premio Goya 2019 come miglior corto di fiction – che, abilmente espanso, ha poi generato il primo lungometraggio della regista spagnola Carlota Pereda, distribuito a livello internazionale con il titolo di “Piggy”.
Nei suoi quattordici minuti di durata non si può che fare il tifo per Sara – una formidabile Laura Galán capace di interpretare la final girl senza mai proferire una parola – pesantemente bullizzata da ragazzi e ragazze suoi coetanei per via del suo corpo in sovrappeso. Nell’assolata campagna dell’Estremadura dove Sara corre per sfuggire agli sguardi e ai dileggi accade però di incontrare anche un salvatore inatteso quanto spietato che indirizza l’opera nella direzione horror/gore che si compirà al meglio nel film d’esordio di quattro anni dopo. Anche se un indizio orrorifico ci viene regalato fin dal primo minuto del corto quando Sara ascolta in cuffia “The night of the living dead” della band “Agoraphobia”, garage rock da Santiago di Compostela.
Un brevissimo estratto delle grezze parole rivolte dalle ragazze a Sara:

Dove vai, porcellina?
Il tuo tipo scappa.
Per una volta che avevi rimorchiato!
State bene insieme.
Oink, oink, chiamalo!

Il video sulla letteratura riguarda un mostro sacro – almeno per me – del Novecento: Walter Benjamin. Della vita e delle opere del filosofo, traduttore e critico letterario, oltre che scrittore, il canale YouTube “Fiction Beast” ne pubblica un ritratto partendo dal 1940 e dalla sua fuga: prima dalla Germania nazista e poi dalla Francia occupata, attraversando i Pirenei e la Spagna già sotto le grinfie del regime franchista, nel tentativo di raggiungere gli Stati Uniti. La fine è purtroppo nota: fermato alla frontiera dalla polizia, si toglierà la vita con un’overdose di morfina. Gli altri suoi compagni di viaggio, ebrei come Benjamin – indesiderati d’Europa come gli internazionalisti che dalla Spagna alcuni anni prima scappavano dopo la fine della guerra civile – riusciranno a ottenere il permesso di partire il giorno dopo.
Il titolo del video può apparire cattivo e sminuente – This genius failed in everything – ma la capacità di sintesi e le informazioni di fondo sono più che soddisfacenti per un video che in ventidue minuti riesce a fornire una ritratto sincero del pensiero di Benjamin, senza semplificazioni o sbavature. Il tono è interessante perché alterna, con il giusto equilibrio, citazioni delle opere e intermezzi ironici. Come il modo in cui viene descritta la seconda volta in cui il geniale intellettuale berlinese ritorna a casa dei genitori dopo non essere riuscito a ottenere l’abilitazione all’insegnamento all’università di Francoforte – il nostro era già sposato, aveva un figlio e anche una relazione con una rivoluzionaria lettone conosciuta a Capri:

Benjamin era troppo anticonformista nei suoi pensieri. Così, per la seconda volta, fece ritorno al suo seminterrato per giocare ai videogiochi, mangiare salsicce e bere birra. Ma suo padre era abbastanza stufo di lui e gli tolse la paghetta. Sei un uomo adulto ora!

Per passare all’ultimo video dedicato musica, occorre però scomodare ancora un po’ Walter Benjamin e la sua celebre descrizione – ispirata da un acquerello di Klee – dell’angelo della storia:

L’angelo della storia deve avere questo aspetto. Ha il viso rivolto al passato.
Dove ci appare una catena di eventi, egli vede una sola catastrofe, che accumula senza tregua rovine su rovine e le rovescia ai suoi piedi. Egli vorrebbe ben trattenersi, destare i morti e ricomporre l’infranto. Ma una tempesta spira dal paradiso, che si è impigliata nelle sue ali, ed è così forte che egli non può più chiuderle.
Questa tempesta lo spinge irresistibilmente nel futuro, a cui volge le spalle, mentre il cumulo delle rovine sale davanti a lui al cielo. Ciò che chiamiamo il progresso, è questa tempesta.

La tempesta – stavolta di neve – ritorna in Ariel, singolo uscito pochi giorni fa per “Night Life”, l’ultimo lavoro dei The Horrors. Bloccato per un guasto all’automobile in un paesaggio innevato – sembra di stare tra le prime inquadrature aeree di Shining e l’inquietudine alla Twin Peaks – Faris Badwan, il cantante del gruppo britannico, si trova a correre in mezzo ai boschi mentre la figura di uno spirito dell’aria – impersonata dall’artista e performer Castor Taylor-Wade – appare tra la neve che continua a cadere. Tra Shakespeare, drum machine e sintetizzatori, senza rinunciare alle originarie radici gotiche.
Questo l’incipit del testo tradotto:

In questo mondo di silenti paesaggi invernali
tutti i sogni giacciono sospesi e invisibili nell’aria
e ogni vacua croce che ci portiamo dietro per tutta la vita
si trascina sotto il sole gravando sulle nostre spalle.

Ma quando questa sensazione appare in una luce color del rame
metti il tuo spirito accanto a me
questa paura che tutti quelli che amiamo ci diranno addio
si dissolve naturalmente nella notte senza forma.

Tre fughe diverse, mentre altre fughe concretissime e attuali si aggiungono in questi giorni di incipiente primavera. Come i professori universitari di filosofia e di storia che lasciano gli Stati Uniti per il Canada, dopo aver studiato come funzionano il fascismo e la propaganda e averne constatato gli effetti direttamente sulla società.

Propagandhi - At Peace - Video animations di Lucius Amberg

Il costo emotivo del caos

Penso che finora la reazione alla canzone “At Peace” sia come la sensazione che le persone si rispecchiano nella canzone in termini del costo emotivo che gli eventi mondiali hanno avuto su di loro. E a volte anche solo sentire qualcuno che mette in parole capaci di riecheggiare il caos dei tuoi pensieri ti dà una piccola spinta, come sapere che qualcun altro sta vedendo il mondo per quello che è invece del mondo per quello che non è.

Queste le parole di Chris Hannah, voce e chitarra dei Propagandhi, nell’intervista sul singolo che dà il nome al loro ultimo disco – in uscita per Epitaph Records il prossimo 2 maggio, dopo otto anni dall’ultima produzione.

Ne ho scritto per Humans vs Robots nella sezione Tracce, partendo da un possibile conflitto tra Canada e Stati Uniti che il gruppo punk hardcore di Winnipeg aveva immaginato venti anni fa. Quando siete lì, cliccate sul link che porta al video su YouTube: le animazioni politiche di Lucius Amberg valgono la visione.

Veni, vidi, scripsi | 01 | Luciano Funetta, Clémentine Meyer, Viagra Boys

Non scrittura, mondo movie e corpi della palude

Per la categoria “Veni, vidi, scripsi” – nuova, improbabile rubrica di questo blog – ecco tre video scelti tra quelli che più mi sono piaciuti in queste ultime settimane di visioni sul Web. Gli argomenti sono i soliti tre che mi appassionano da sempre: letteratura, cinema e musica.
I link ai video sono quelli con lo sfondo nero

Partiamo dalla letteratura.
Emanuela Cocco ha creato una rassegna che si chiama “Contemporanei”: sul suo canale “Scrivere di notte” invita autori contemporanei a raccontarci come hanno scritto il loro libro. Luciano Funetta – uno tra gli scrittori più interessanti dei nostri giorni – accetta l’invito e ne approfitta per parlarci della non scrittura in 15 minuti di appuntite riflessioni su conflitto, ostilità e silenzio. Lo fa attraverso le sue parole e citazioni da Elias Canetti, Susan Sontag, Franco Cordelli e Gérard de Nerval.
Ne trascrivo un breve estratto:

La durata è qualcosa di sovratemporale. Cioè che ha delle coordinate temporali, ma non solo. Per cui una scrittura che possiede una durata è una scrittura in grado di muoversi in più direzioni contemporaneamente. Il che la rende difficile a scriversi. E quasi impossibile da inseguire.
Questi momenti di non scrittura, questi momenti in cui la scrittura si interrompe, si prende una pausa da se stessa e quindi dalla sua stessa esistenza, dal flusso delle cose, sono solitamente dei momenti molto privati che chi scrive tende a non voler condividere e hanno a che fare con il segreto, sono una zona ostile. La non scrittura è una zona ostile della scrittura. E sono anche spaventosi sicuramente. Ma è proprio in questi momenti che la scrittura ingaggia le sue battaglie più decisive.

Passando al cinema, ci spostiamo sul canale “Cinéma et politique”, uno tra i migliori sulla settima arte di tutta YouTube: la sua talentuosa creatrice, Clémentine Meyer, ha appena pubblicato “Le MONDO : le monde à travers une lentille réactionnaire”, un’analisi dettagliata e coinvolgente del filone dei mondo movie.
Venti minuti che indagano, grazie a un originale sguardo critico e a una preziosa dote di fonti – le trovate nella descrizione del video – quella serie di documentari shock che uscirono in Italia a partire dagli anni ’60 e che, attraverso un ejzenstejnano montaggio delle attrazioni – mescolando assurdo, violenza grottesca e una massiccia dose di rappresentazione reazionaria, maschilista e razzista della realtà – influirono sull’immaginario collettivo del pubblico italiano in pieno boom economico.
Traduco e trascrivo un estratto:

Attraverso questa estetica simile al collage, quello che “Mondo cane” ci offre è una visione frammentata del mondo, ma da questi frammenti Gualtiero Iacopetti non ricava una narrazione coerente. L’unico fil rouge che riesce a trovare per connettere tra loro le mmagini è quello di un’umanità bizzarra che solo l’ironia sembra riuscire a cogliere. È per questo che nel film l’umanità tende a deformarsi sotto le sembianze del grottesco, fino ad assumere i tratti di una galleria di nuovi mostri, al limite dell’allucinatorio.
Nel secondo dopoguerra il grottesco fu uno dei linguaggi espressivi preferiti dal cinema italiano perché era quello più capace di esprimere il sentimento di rottura provocato da un’Italia e da un mondo in cambiamento, sotto l’effetto del processo di modernizzazione.

Concludendo in musica, si approda sul canale dei Viagra Boys, dove è appena uscito “The Bog Body”, terzo singolo del gruppo svedese, estratto dal disco in uscita il 25 di aprile. Sestetto da sempre avverso, a partire dal nome, a machismi e conformismi, conferma la sua folle indole in questo video diretto da Eoin Glaister dove un cadavere femminile, uscito mummificato da una palude – una mummia di palude, appunto – ricopre la parte di principale protagonista.
La ritroviamo in un pub e nella sala di registrazione del gruppo a ballare e a suonare sui riff post-punk e a baciarsi e a fare foto di scena con Sebastian Murphy, voce e fondatore dei ragazzi della pillola blu. La presa in giro delle apparenze e dell’ossessione dei corpi è totale, così come della gelosia e del fascino a tutti i costi.
Traduco l’incipit del testo della canzone:

Da non crederci.
Hanno trovato un corpo sepolto sotto il ghiaccio.
È in perfette condizioni.
I suoi capelli e le sue unghie sembrano davvero belli.
Come mai sei arrabbiato, credi che sia una minaccia per te?
Non posso farci niente se sono impressionato dal fatto che non abbia nulla a che fare con te.
Sei consumato dalla gelosia,
Sei completamente ossessionato dal
corpo della palude.

Tre video per un totale di nemmeno quaranta minuti: guardateli, quando potete, e se ci trovate delle assonanze e dei collegamenti, ne sono ancora più contento.

La Navata Centrale | via Flickr

Verrà la neve

È facile, o almeno è più facile, diventare amici quando si è nati nello stesso paese o si sono frequentate le stesse scuole.
Quando invece succede che incontri il tuo migliore amico che hai già passato da un bel pezzo i vent’anni significa che forse sono entrati in gioco altri fattori: chiamali misteri, giravolte del caso o botte di fortuna. Nella vita sono eventi rari, ma non impossibili.

Perché questo è successo quando ho conosciuto David: in pochissimo tempo, forse poche ore, ho capito come l’intelligenza dissacrante delle sue parole e dei suoi gesti avessero sempre la forza di colorare ogni situazione – anche la più grave e assurda – di una luce sincera, verace e terrena, come sanno fare certi quadri del Caravaggio quando per raffigurare una scena sacra prendono come modelli delinquenti o prostitute.

Dopo aver fato questo esempio, David mi piglierebbe in giro di sicuro perché, senza ostentare mai niente, aveva il dono di tenere insieme argomenti altissimi con quelli schiettamente popolari: dalle analisi storiche dei Wu Ming ai monologhi di “Berlinguer ti voglio bene”, dagli algoritmi dell’intelligenza artificiale a un lungolinea di Sinner.

C’è chi sa smussare ogni angolo di tristezza con arguzia e empatia: David lo sapeva fare, aggiungendoci anche un pizzico di sano surrealismo.
Anche nelle estati più torride degli ultimi anni, ti guardava tra il serio e lo speranzoso, lasciandoti a bocca aperta quando ti diceva:

“T’immagini domani ci si sveglia e c’è la neve!”

Ciao Davi.

(Immagine: “La Navata Centrale” di Roberto Ventre | via Flickr)