Ludwig-van-Beethoven-Sonata-al-chiaro-di-Luna-Davie504

Con questi chiari di luna e questi bot

Giusto un paio di giorni fa parlavo con Liookrrrrr – che sarebbe uno dei nickname di mio figlio sul Web – della “Sonata al chiaro di Luna” del grande Ludovico Van Beethoven, uno dei suoi musicisti classici preferiti, oltre a una marea di strani nomi e nuovi generi* che scova in Rete e che non riesco a tenere a mente per l’evidentissima differenza di età e – per ora – di gusti musicali. La famosa Sonata per pianoforte n. 14 Liookrrrrr la sta studiando al pianoforte: sinceramente, gli sta venendo bene, tanto che gli ho detto che mi piacerebbe utilizzarne una sua versione in un video. «Tanto è musica vecchia di più di duecento anni – del 1801 per l’esattezza – e non ci sono problemi di copyright perché è in public domain da secoli» – gli ho detto.

Passano nemmeno due giorni e mi imbatto nell’ultimo video di Davie504, musicista, bassista e tra gli youtuber musicali tra i più seguiti al mondo: ha quasi 13 milioni e mezzo di seguaci tra i quali anch’io che l’ho scoperto, lo ammetto, grazie a un’indicazione di mio figlio. Il video in questione ha un titolo che mi sembra molto clickbaitesco, un’escamotage che molti streamer usano quando vogliono far sapere, sinceramente o meno, che potrebbero chiudere o che chiuderanno il proprio canale. I quattro minuti di video in questione sono intitolati “YouTube is shutting down my channel” e siccome Davide Biale – questo il vero nome del bassista – non è solito usare questi trucchetti l’ho guardato subito scoprendo che YouTube gli ha contestato con un copyright strike proprio l’esecuzione della Sonata al chiaro di luna, da lui arrangiata, preparata e caricata online due anni fa. Davie504 ha subito risposto contestando la violazione del copyright, ma YouTube l’ha rifiutata demonetizzando il video e – cosa ben più grave – lasciando in essere il copyright strike. Da ricordare che, se un canale YouTube riceve tre violazioni di copyright nell’arco di novanta giorni, quel canale viene eliminato, tutti i video vengono rimossi e viene impedito alla persona di aprirne un altro.

Guardando il video vi accorgerete che la rivendicazione del copyright è arrivata da UMG – Universal Music Group. La conoscete tutti: è una delle prime tre etichette musicali a livello mondiale. Il bello, si fa per dire, è che chi ha deciso che la rivendicazione del copyright della major è ancora valida è tale MUST_CS. E chi è costui? Secondo alcuni commenti sotto al video appartiene ai copyright strike bot, che «attaccano i i canali da anni nell’indifferenza di YouTube che non ha fatto mai nulla contro di loro. Bot che di solito cercano di ottenere soldi per rimuovere le loro richieste di rimozione». Su Reddit leggo che «uno dei problemi con le rimozioni per violazione del copyright è che le aziende usano bot per inviare segnalazioni a YouTube. Bot che poi chiedono soldi alle aziende per agire per loro conto».

Fate le vostre considerazioni, a me d’istinto verrebbe solo da consigliare una crudele Cura Ludovico – per rimanere con il grande compositore tedesco – per chi lascia progredire un sistema che lucra sulla pelle dei muscisti, specie i più piccoli e indipendenti. Ma non è una soluzione né giusta né efficace, lo so.
Intanto con Liookrrrrr vediamo se abbiamo il coraggio di rischiare un copyright strike sul Tubo o se proviamo a saltare il tutto affidandoci al caro, vecchio Internet Archive.

Infine: questo non è un post di indignazione – non mi garbano e non servono a nulla, tranne che a qualche views in più, e sai la differenza che fa – ma solo una traccia in rete di ciò che oggi accade. Un blog, a partire dalla sua etimologia, serve a questo.

(Edit – 14 ottobre 2025) per chi come me, generazione X e precedenti, avesse poca confidenza e consapevolezza di questi nuovi generi musicali nati in Rete negli ultimi anni, consiglio vivamente la lettura questo articolo su Humans vs Robots: “Quei generi musicali che Internet ha fatto e disfatto”.


(Immagine tratta dal thumbnail del video di Davie504 “BASSlight Sonata” | via YouTube)

From this moment despair ends and tactics begin

La gratuità del Web e il governo dell’AI

La risposta alla domanda del post precedente me la sono cercata da solo. E l’ho trovata in una lettera che Tim Berners-Lee ha scritto al Guardian pochi giorni fa. Siccome mi fido molto della persona che ha inventato e ci ha regalato – meglio scriverlo un’altra volta: ci ha regalato, visto che è anche il titolo che gli ha dato giustamente il Guardian – il World Wide Web, ne riporto alcuni estratti qui sotto, traducendoli al volo:

Ora siamo a un nuovo bivio, in cui dobbiamo decidere se l’intelligenza artificiale verrà utilizzata per il miglioramento o a detrimento della società. Come possiamo imparare dagli errori del passato? Prima di tutto, dobbiamo assicurarci che i decisori politici non finiscano per giocare alla stessa partita decennale di rincorsa ai social media. Il momento di decidere il modello di governance per l’intelligenza artificiale è arrivato ieri, quindi dobbiamo agire con urgenza.
[…]
Nel 2017 ho scritto un esperimento mentale su un’IA che lavora per te. L’ho chiamata Charlie. Charlie lavora per te proprio come il tuo medico o il tuo avvocato, vincolato da leggi, regolamenti e codici di comortamento. Perché non si possono adottare gli stessi quadri normativi per l’IA? Abbiamo imparato dai social media che il potere risiede nei monopoli che controllano e raccolgono dati personali. Non possiamo permettere che la stessa cosa accada con l’IA.
[…]
È difficile immaginare una grande azienda tecnologica che accetti di condividere il World Wide Web senza ritorni economici, come invece fece il CERN [con il World Wide Web]. Ecco perché abbiamo bisogno di un ente no-profit come il CERN che promuova la ricerca internazionale sull’intelligenza artificiale.

Da queste parole potrebbe finire la disperazione del non sapere cosa fare e potrebbe iniziare una tattica, come ha scritto anni fa Raoul Vaneigem, frase ripresa in un famoso murales di Banksy per il movimento di Extinction Rebellion che metto come immagine di sprone per questo post.

Coal mining town in Welch, Bluefield section of West Virginia - Photo by Marion Post Wolcott - 1938

Miniere chiuse e automazione a venire

I pochi lettori del blog forse se ne saranno accorti: da alcuni anni mi sono fortemente appassionato alla storia e alla letteratura degli Appalachi. I motivi sono diversi e una volta mi deciderò a scriverne meglio. Per ora dico solo che la mia passione è nata per merito di Alessandro Portelli – per quanto riguarda la storia – e di Cormac McCarthy per la letteratura.

Ogni volta che leggo un romanzo o un saggio di un autore o di un’autrice che proviene e che racconta questa “colonia interna” degli Stati Uniti – le parole e il giudizio sono di Chris Offutt – mi immergo in una ricerca di luoghi, persone e vicende per capire meglio una terra così lontana dall’Europa e dai suoi parapetti antichi.

Tutta questa premessa per dire che stavo cercando informazioni sulla città di Welch, nella contea di McDowell in West Virginia. Welch, ai giorni nostri, è un paese di poco più di 3500 persone nel cuore degli Appalachi, ma è stato un importantissimo centro minerario – the heart of the nation’s coal bin – decaduto, dalla seconda metà del secolo scorso, fino a diventare una delle regioni più povere degli USA.
Mentre ero lì che cercavo testi, foto e video sulla contea in questione, sono incappato in un discorso che John Fitzgerald Kennedy fece a Canton, Ohio durante la campagna elettorale per le primarie in West Virginia nel 1960, dopo aver visitato e tenuto un comizio anche a Welch.
Questo il testo originale, che traduco qui sotto:

Vogliamo essere sicuri che ogni americano che cerca lavoro, che vuole onestamente lavorare, abbia la possibilità di farlo. Questo è il nostro scopo.
E dobbiamo farlo in un momento in cui l’automazione sta lasciando gli uomini senza lavoro. Mi sono candidato alle primarie in West Virginia. Ho trascorso un po’ di tempo nella contea di McDowell. La contea di McDowell estrae più carbone di quanto abbia mai fatto nella sua storia, probabilmente più carbone di qualsiasi altra contea degli Stati Uniti, eppure ci sono più persone che ricevono pacchi alimentari nella contea di McDowell che in qualsiasi altra contea degli Stati Uniti. Il motivo è che le macchine svolgono il lavoro degli uomini, e non siamo riusciti a trovare lavoro per quegli uomini. Penso che questo non sia un problema né per la contea di McDowell né per Canton, Ohio. È un problema che dovrebbe avere un’importanza fondamentale per la prossima amministrazione e per il prossimo Presidente.
Il problema dell’automazione è garantire che le macchine rendano la vita più facile, non più difficile, a coloro che vengono lasciati senza lavoro.

Vorrei far leggere queste parole a chi oggi crede, in buona fede, che l’automazione e l’intelligenza artificiale possano essere strumenti per liberare tempo e energie per chi lavora. Oggi che quegli strumenti sono in mano ai più grandi e avidi capitalisti, padroni del vapore elettrico che vanno alle cene con Trump e che non hanno un minimo degli obbiettivi che potevano avere i politici e la società di sessantacinque anni fa. Miliardari e politici che non hanno di certo in mente di adoperare la tecnologia per rendere la vita più facile a chi perderà il proprio lavoro.
Sinceramente: credete di avere la forza, il coraggio e la determinazione di appropriarvi di queste tecnologie per usarle contro di loro?
Se sì, per favore e senza polemica, diteci come.


(Foto: “Coal mining town in Welch, Bluefield section of West Virginia” | Photo by Marion Post Wolcott | via Library of Congress)

Black Eyes 2023 - Photo by Shawn Brackbill

La pianta in cantina

“È come avere lasciato una pianta in cantina e non averci più dato uno sguardo per venti anni. Poi un giorno apri la porta e la pianta è diventata grande.”

La cantina è quella della casa dei genitori di Daniel Martin-McCormick dove hanno provato, percosso e sperimentato i futuri componenti dei Black Eyes. La città è Washington D.C., terra di duro e persistente harDCore punk, nei primi anni zero. Ian MacKaye e la sua Dischord – nata anche anch’essa nello scantinato di un bungalow – pubblicherà i loro primi due album, poi nel 2004 il quintetto si scioglierà.
E a questo punto che si spiega la citazione che apre il post sulla pianta in cantina: è tratta da un’intervista dell’anno scorso a Daniel Martin-McCormick e è la sua metafora per descrivere come è stato suonare di nuovo insieme dopo venti anni. Venti anni durante i quali i cinque hanno sperimentato individualmente percorsi, città e strumenti nuovi. Continuando nella metafora: è come se le radici della pianta abbandonata nello scantinato avessero fantascientificamente trovato vie, sempre undergound, anche lontano dal fusto principale, ma capaci di tenerlo in vita e accrescerne l’altezza.

In particolare, mi ha positivamente impressionato l’eclettismo delle attività musicali e intellettuali di Daniel Martin-McCormick, voce, chitarra e percussioni del gruppo. Ben consapevole delle sue radici punk hardcore nel Distretto di Columbia – It’s all coming from that punk lineage. So yeah, sure, I’m punk. Fuck it– oltre che suonare nei Black Eyes e aver suonato in numerose altre band, ha co-fondato festival e etichette e ha scritto per Pitchfork, Vice e DJ Magazine. Daniel adesso vive a New York e con l’identità di Relaxer – debutto niente meno che al Berghain di Berlino – ha portato e porta i suoi DJ set nei luoghi sacri e sacrileghi della techno mondiale.

Mi fa bene sapere che esistono persone come Daniel Martin-McCormick, ammiro il suo fare deciso e variegato, da seguace laico dell’indipendenza. Mi piace che i Black Eyes abbiano un album in arrivo per questo inizio di ottobre. E mi è piaciuto scrivere su Humans vs Robots la recensione del loro singolo “Pestilence”.
Sì, è ora di un po’ di pestilenza per ricordarci a che punto della storia siamo.


(Foto “Black Eyes 2023” | Photo by Shawn Brackbill | via Pioneer Works)