Please Kill Me
Turatevi il naso e leggete questo libro.
Non è un invito alla fruizione à la democristiana né un incoraggiamento di fronte a un volume di più di seicento pagine, non è nemmeno perché il punk, se autentico, puzza: è per la traduzione che molte volte non regge.
A parte questo, Please Kill Me – Il punk nelle parole dei suoi protagonisti di Legs McNeil e Gillian McCain – rispettivamente uno dei fondatori della storica rivista Punk e un’agitatrice culturale tutt’oggi attiva con quel The Poetry Project le cui origini risalgono al 1966 e a Allen Ginsberg – è un vero e proprio oggetto narrativo, termine che Wu Ming 1 vi spiegherebbe meglio di me (ché con una tecnica analoga ha dotato New Thing, di uno stile in cui “le strategie narrative imitano il linguaggio del documentario e della videoinchiesta”.
Così è per questo libro in cui, andando in rewind in un poderoso montaggio d’interviste, potrete: percepire l’aria superstar e d’avanguardia della Factory di Warhol che sfruttarono Lou Reed e i Velvet Underground; potrete capire perché Iggy Pop, da commesso Osterberg divenne il giovane guerrigliero anfetaminico che si spalma di burro d’arachidi e di cicatrici; vedrete gli MC5 partire da Detroit per raggiungere la New York in cui Patti Smith e i Ramones stavano facendo diventare di culto Rimbaud e la violenza di strada; tiferete per Johnny Thunders e la sua parabola in discesa verso New Orleans; incontrerete i Dead Boys e i New York Dolls, alfieri d’una parola che William Burroughs usava per indicare balordi e sciancati non ancora sulle copertine di Rolling Stone. E poi ondeggerete sulle altalene di fama, successo, intelligenza e stupidità di Debby Harry, Jim Carroll, Nico, Sid Vicious e Lester Bangs e di quelli che si mossero intorno ai vomiti e al chili avariato di sperma del CBGB.
Capirete perché scrivere “Uccidetemi, per favore” sulla t-shirt prima di salire sul palco. E questo basta.
[Recensione pubblicata sul numero 3 di Sonic Magazine (ottobre-novembre 2006), ospitata all’interno della rubrica “Carta vetrata”, ideata e curata dall’hombre del Manwell blog]