Shoot the Pigeon

Questa è la storia di un uomo che viveva all’ultimo piano. Come me a quei tempi, più di dieci anni fa.

Quest’uomo usciva ogni tanto su un balcone che era il tetto della canonica appoggiata al campanile della chiesa di fronte a casa mia. Non so se abitasse sempre lì o ci venisse ogni tanto. Quando c’era, usciva sul terrazzo con in mano una pistola. Una scacciacani, credo. Anche se di armi me ne intendevo e me ne intendo ancora pochissimo, non mi sembrava vera. Fatto sta che il tipo girellava lento per il balcone e poi, con fare deciso, ficcava la pistola in alcuni buchi nel muro del campanile. E alcune volte sparava. Un suono sordo e incassato, come se il campanile starnutisse.

Di solito lo sbirciavo nascosto dietro le persiane della camera, sicuro che non mi avrebbe mai visto. Invece una volta che le persiane erano accostate troppo poco, mi vide e incrociammo gli sguardi per un paio di secondi. Indossava i pantaloni di una tuta o di un pigiama e un cardigan sformato. Non nascose la pistola che teneva stretta in mano, il braccio lungo il fianco gibboso. In linea d’aria tra noi c’erano meno di dieci metri. Lui un po’ più in basso, io poco più su ma disarmato.
Disse qualcosa che non capii. Alzai solo un braccio come a salutare e rientrai svelto dentro la stanza. Stette lì poco perché quando mi riavvicinai alla finestra poco dopo era sparito e non lo vidi più per parecchio tempo.

Anch’io a quei tempi combattevo la mia inutile battaglia contro i piccioni dei centri storici: avevo provato le girandole, la carta stagnola, i cd-rom appesi a un filo di lenza e altri congegni più bislacchi. Ma un Erode dei columbidi di questa portata sono quasi certo che non lo incontrerò più. Spero.

Banksy, “Tagging Robot” | NYC

2 comments

  1. Catia

    Io credo che uccidere qualsiasi creatura vivente, sia un po’ come uccidere noi stessi e non vedo differenze tra il dolore di un animale e quello di un essere umano.
    (Margherita Hack)
    Io credo la stessa cosa di Margherita.

  2. strelnik

    Sono d’accordo, Catia, infatti ho sempre usato metodi non violenti per non farli sostare (e scacazzare) sul terrazzo.
    Il tipo – il sagrestano, lo chiamavo allora – adottava metodi più spicci e tremendi. Di riduzione delle nascite, perché credo che dentro quei buchi ci fossero le uova dei piccioni.

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