Taberna’s Hystory #1

[Pubblicato la prima volta il 24 novembre 2005 su e per “Unità di crisi”]

Sono completamente felice, dalla punta dei capelli fino alla punta dei piedi, dalla mano sinistra alla destra, come se fossi una croce.
(
Thomas Bernhard)

Svegliarsi e sentirsi appiccicosi. Come una melma invisibile sotto le ascelle o la marmellata tra i coglioni. E’ dura svegliarsi così per quasi un mese. Le prime volte uno pensa sia sudore. A volte affiora il dubbio d’essersi pisciat’addosso. (Venuto no, già ti fai una marea di seghe che miracolo se resta qualcosa per l’inconscio)
Fuor di parentesi, miracoloso è piuttosto tirar sera senza sparare a qualcuno.
Relativismo etico da Mr. Ratzinger Wants You Dead. Ai materassi con dio. Appiccicaticci, ma senza rancore.

Quando basta guardarsi allo specchio con lo spazzolino in bocca per essere certi di meritare altri tempi, è proprio segno d’allodinia (dolore dovuto ad uno stimolo che normalmente non provoca dolore). Rimedi ad oggi conosciuti: un paio. Si può rateizzare la morte, portandosi dietro un cesso come ipoteca. Oppure provare a darsi una regolata e iniziare a vivere autenticamente, anche a costo di forzare una cassaforte a colpi di bidet.
Taberna – potrebbe tornare utile ricordarlo – è nato lo stesso giorno di Feuerbach, Bakunin e Gentile (il fascista, non il terzino) e sembra già abbastanza orientato al secondo.

Tre secondi di nero poi cut di dettagli rallentati: una foto d’un concerto dei Crass appiccicata alla parete, il piede che sbuca da sotto il lenzuolo, la copertina spiegazzata d’un cd dei Ramones a cui manca un rettangolino all’angolo destro, le cifre della sveglia e il piede che rientra. Stacco sullo specchio visto di tre quarti e piano sequenza con zoom all’indietro fino alla tavoletta del cesso dove si nota una copia di Panorama di quasi un anno fa che la mano di Taberna sposta nel bidet insieme un rotolo finito di carta igienica. Flash.

In televisione c’è uno che si chiama Meocci che dice che la televisione serve a dare serenità. Che quando si spegne e si va a letto dobbiamo essere più sereni e ottimisti. Dice, sforzandosi di ridere, che dietro le nubi c’è sempre il sereno. (Parola di disgraziato) Mike Bongiorno racconta che l’avrebbero dovuto fucilare coi quindici di piazzale Loreto.
L’estetica del lavoro è lo spettacolo della merce umana. Mike Bongiorno forza lavoro per Forza Italia.

Rantolare caldo e calmo della moka in congiuntura col colore svampito e semi-cosciente delle sette di mattina. Significa caffeina costante, estate e inverno (nelle tenebre etterne, in caldo e ‘n gelo) e prima sigarettina in bocca.
Macchina che tossicchia&parte. Altra sigaretta ammezzata dall’arrivo dell’interregionale. (Un treno coi topi che potrebbe anche arrivare ad Auschwitz)
Cominciare una giornata così è una disgrazia col freno a mano tirato, è rimanere incollato alla promessa d’un via! sempre più lontano. Vuol dire scricchiolii continui a ogni mossa.

Primo piano della caffettiera. Flash. Soggettiva con gl’ occhi stralunati di Taberna che bestemmiano il creato e i creatori mentre fuori da un finestrino corre un’immagine al motion-blur di questo pezzo d’Europa meridionale in cui gli é toccato vivere. Cut. Dettaglio della mano mentre tira il freno (a mano). Flash. Piano lungo di un binario vuoto. Montaggio sull’asse di un ragazzino che si avvicina dal fondo fino al piano intero. Si ferma, raccoglie una mezza sigaretta, la annusa e la getta via. Sovrapposizione del primo piano dello stesso ragazzino ripulito e ben vestito mentre viene rimproverato in controcampo da Mike Bongiorno, inutile despota dell’ennesimo quiz per bambini e così rincoglionito da credere di salvarli.

Sarebbe successo due giorni dopo di fronte al magazzino degli arrivi. Appena dietro una pila di schede madri arrivate da qualche Export Processing Zone. Il signore (si fa per dire) che gli sta di fronte con il giubbottino di camoscio chiaro e la cravatta nera è quello che si occupa del suo contratto di formazione. Taberna ha le mani in tasca dei pantaloni di velluto, appiccicosi. Ragnatele sulle rotule e uno schifo d’uomo di fronte: lo stato sociale ridotto al minimo sforna oggettini come questo, a riprova del fatto che misurare la qualità della vità col metro numerato dai cellulari venduti e dall’audience di Celentano lascia sorpresine come ospedali, scuole e vecchiaie più inutili e grigie della tonaca d’un vescovo.

Taberna l’ha mandato in culo due minuti dopo averlo visto arrivare. Figuriamoci, farsi anestetizzare l’esistenza in questo modo e da uno così. Un grigio. Impugnare una penna o una pistola dovrebbe essere una scelta e non un obbligo. Per alzare il sipario e farla addosso al diplomatico in prima fila non serve essere attori, basta la giusta dose di volontà e buona fede. Ecco perché Taberna gli ha pisciato nel serbatoio del motorino. Tanto per cominciare. Anche per restare fedele al “si fa mica per dire.”

Piano americano di Taberna che si nasconde dietro una macchina nel piazzale davanti al magazzino. Dolly verso l’alto fino a comprendere anche il capannone di fronte. Rumore off d’un motorino che s’accende. Dal portone del magazzino spunta uno scooter Piaggio con Cravattina alla guida. Cravattina in realtà si chiama Giambatto B., uno che invece di fare il ragioniere fa la testa di cazzo. Cut. Si sente ancora il rumore del motorino che però si spegne. Dolly dall’alto verso il piazzale fino a vedere il terreno dalla prospettiva d’una formica. Le mura del capannone così sembrano montagne tagliate di netto dal tacco di un dio in corsa verso l’ennesimo fallimento. Stacco sullo scooter parcheggiato proprio sotto a un cartello di divieto di sosta. Cut. Primo piano del cartello. Qualcuno col pennarello ha aggiunto “demolizione coatta”.

E’ pur sempre un inizio.