Mi è piaciuto subito a partire dal titolo, calco ironico della famosa canzone*. E, dopo gli ottantre minuti di durata, l’esordio nel lungometraggio di Adam Koloman Rybansky, giovane regista e sceneggiatore ceco, ha confermato in pieno quello che mi aveva lasciato immaginare.
“Somewhere Over the Chemtrails” è una tragicommedia ambientata in un più che pacifico, direi sonnacchioso, paesino nella campagna della Moravia**, regione sud-orientale della Repubblica Ceca. La calma e la semplicità delle sue abitudini vengono interrotte quando, durante le festività di Pasqua, un furgone sbuca nella piazza schiantandosi sulla fontana e ferendo uno degli abitanti, appartenente all’unica famiglia gitana del paese. La locale squadra di vigili del fuoco a questo punto si trasforma in una sorta di milizia, armata di bastoni e asce, che inizia a pattugliare le strade e a perquisire le case, dove gli abitanti si sono rinchiusi per ordine del sindaco, alla ricerca del conducente. Perché la paura che contagia tutti è che si sia trattato di un attentato terroristico, dopo che Bronya, il comandante dei pompieri, ha detto in un’intervista alla televisione che ha visto fuggire un uomo dalla pelle scura, “forse un arabo“.
Insieme a Bronya, l’altro protagonista del film è Standa: impigliato in un fisico barbagiannesco, fa parte come volontario dei vigili del fuoco, non è bravo nelle cose pratiche e si affida a Bronya per molte di queste, dal tagliare un ciliegio in giardino a stappare una birra senza l’apribottiglie. I due hanno un rapporto del tipo padre-figlio: se Bronya è un aiuto in tutte le faccende fisiche, Standa a sua volta è un appoggio per la profonda tristezza che coglie spesso Bronya che ha perso da poco la moglie.
Standa è un uomo buono, a volte così ingenuo da rasentare la stupidità: quando un suo collega pompiere – dal discutibile taglio di capelli – gli parla della pericolosità delle scie chimiche, Standa inizia a cercare informazioni su Internet e adotta buffe abitudini basate su un fantomatico potere dell’aceto. Ma così facendo non fa altro che aumentare la sue preoccupazioni che nel frattempo, nei suoi colleghi e negli abitanti, si trasformano in diffidenza e razzismo verso gli stranieri – anche se di stranieri non ce ne sono, a parte la tranquillissima famiglia di origine gitana. Le vicenda si concluderà con una serie di azioni e reazioni, in un gioco di sponde tra il tragico e il comico, che colorerà il destino dei protagonisti di tinte sfumate, evitando distinzioni nette tra buoni e cattivi.
Ciò avviene grazie a un’ironia sottile, mescolata a una sapiente dose di humour nero, che rende “Somewhere Over the Chemtrails” un’opera capace di indagare temi quali il pregiudizio, il populismo e la xenofobia senza aver bisogno di ridicolizzare nessuno dei personaggi. Tutti vengono ritratti nella loro simpatia come nelle loro ambiguità, anche quando fanno o credono a cose insensate o altamente improbabili, che si tratti della scie chimiche o della vendetta divina. Anche il prete e il sindaco, che in una commedia si presterebbero perfettamente a incarnare stereotipi puramente comici e macchiettistici, sono tratteggiati con l’intento di comprenderne il comportamento e le fragilità, specie in una situazione in cui le loro azioni sono fortemente influenzate dalla paura e dalla disinformazione. Perfino i due giovani neonazi, arrivati in paese per dare manforte nella ricerche del presunto terrorista islamico, vengono dipinti come due bimboni interessati più che altro a assumere pose da duri o a giocare alla lotta l’uno contro l’altro, ma pronti a mollare le spranghe e tornarsene a casa a piedi appena non c’è più nessuno da cercare.
Tutto ciò riguarda le gesta dei principali personaggi maschili. Per il principale personaggio femminile, rappresentato da Jana, la moglie incinta di Standa, è diverso.
Se il marito e i colleghi pompieri sono preda di comportamenti irrazionali, spacciati per voglia di sicurezza e di protezione, Jana mantiene una lucidità e una tempra anche nei giorni in cui tutte le famiglie del paese sono costrette in casa. La scena in cui si accorge delle ricerche sul Web di Standa sulle scie chimiche è esemplare: “Non mi dire che credi a queste stronzate”. O quella in cui rimprovera Bronya per aver detto in tv che ha visto un uomo dalla pelle scura, sapendo che non è vero: “Non dovresti spaventare tutti finché non sappiamo la verità”. Ma nemmeno lei, come il regista, si mette a prendere in giro i loro comportamenti: cerca di capire e far ragionare, in maniera decisa ma rispettosa, il marito e il suo amico. Eppure l’ambiente del paese non è di sicuro favorevole al genere femminile: la scena in cui i componenti della ronda sentono le urla di una donna e si allarmano, ma poi non fanno assolutamente niente quando si accorgono che è soltanto il marito che la rincorre con una frusta ce lo mostra in tutta la sua crudele assurdità.
[Aggiornamento] Grazie al commento di Massimiliano – vedi sotto – ho appreso che la scena in questione non è violenza domestica, ma fa parte di una tradizione boema/morava che si celebra la mattina del lunedí di Pasqua. Grazie di cuore a Massimiliano per avermi corretto e avermi fatto imparare una cosa nuova. I blog servono anche a questo.
L’assurdo della vita quotidiana è uno dei temi che lega l’opera prima del regista ceco alla Nová vlna, il movimento cinematografico nella Cecoslovacchia degli anni sessanta: in un’intervista*** si dichiara un estimatore dei primi film di Milos Forman che, insieme a Jaroslav Papoušek e Ivan Passer e altri, fu tra gli esponenti principali della nouvelle vague ceca. Rybansky dice di amare i loro film per come siano comici, buffi, crudeli e critici nello stesso tempo. Riguardo alla genesi del film afferma:
“Sono nato in un piccolo paese di 5000 abitanti dove alcuni dei miei migliori amici e anche alcuni membri della mia famiglia avevano opinioni un po’ razziste su alcune questioni. Con questa storia ho voluto raccontare e esplorare proprio questo: quando qualcuno che ti è vicino inizia a essere un po’ razzista. […] Quando ho iniziato a lavorarci era il 2017, un anno in cui in alcune città europee ci sono stati attentati terroristici che hanno usato un autoveicolo come mezzo di distruzione. E ho pensato: cosa succederebbe se qualcosa di simile avvenisse in un piccolo paese? Una cosa assurda di sicuro, ma questa è stata l’idea base per questo lungometraggio.”
Insomma, un film da guardare di sicuro: lo potete fare gratis su Arte.tv fino al 31 dicembre, all’interno della rassegna Artekino, rassegna di nove film diretti da giovani registi europei, segnalati o premiati nei principali festival del nostro continente.
Buona visione.
* al di là delle numerose interpretazioni e dei simbolismi successivamente acquisiti, “Somewhere over the Rainbow” per me rimarrà sempre la canzone legata a uno dei libri più belli di Beppe Fenoglio.
** la maggior parte delle riprese del film sono state effettuate a Chvalnov-Lísky: questa è la chiesa dove è stata girata la messa di Pasqua e la scalinata dove Bronya tiene un discorso populista.
*** L’intervista al regista è visibile sempre su Arte.tv, e si trova corredo di ogni film presentato nella rassegna Artekino. Ah, se volete, potete registrarvi e votare i lungometraggi partecipando così all’estrazione di una bici elettrica. Io, che personalmente ho una discreta allergia verso ranking e stelline, l’ho fatto perché se vinco, vendo la bici elettrica e ne compro una nuova a pedali ché sto sempre seduto davanti a un monitor e fare un po’ di movimento senza inquinare fa bene a me e a chi mi sta intorno.