We’re Only in It for the Memory | episodio 3
Ritornare a scrivere in Rete per il gusto di raccontare se stessi e la realtà quotidiana che viviamo, per produrre memorie da leggere anche quando non ci saremo più.
Ha il fascino di un back to basics – “one man and his guitar blog” – una delle riflessioni che Personalità confusa ci ha fornito nella conversazione inclusa in questa terza puntata: se la letteratura, come tutta l’arte – se credete a Pessoa – è la dimostrazione che la vita non basta, pubblicare su un blog è uno scampolo di possibilità anche se quel che rimarrà pubblicato sarà assimiliato, bene che vada, a una sorta di letteratura grigia.
Eppure, come ricordava un’analisi che Antonio Caronia scrisse sui blog italiani nel 2006:
“sbaglieremmo anche a non cogliere una richiesta, certo inconsapevole spesso, e confusa, di un nuovo “spazio pubblico”, in cui magari a essere in discussione non sono le grandi opzioni di carattere economico, politico e sociale, ma le scelte di vita quotidiana di una generazione sommersa da modelli comportamentali standardizzati e contraddittori, da offerte di merci pletoriche e caotiche.”
Antonio Caronia, “Comunicazione, viralità, contagio nella blogosfera”, (2006)
Ma quello che si potrebbe etichettare come semplice ritorno al privato – il tremendissimo riflusso – potrebbe essere un modo per intrecciare nuovi e più soddisfacenti legami, in un’esplosione di connessioni e di reciprocità – per riprendere le parole di Caronia.
Con il Confuso si è parlato della blogosfera dei primi anni zero e dei suoi geniali dilettanti, della pervasività degli odierni strumenti e della peculiarità del testo scritto, di auto-fiction e autoreferenzialità. Sono saltati fuori anche il primo decalogo dei blog – della Pizia – e un tweet di Dania sul successo.
Nel finale, l’interferenza di Davide Carbonai ha rimesso sul piatto il tema della memoria e della sua fragilità attraverso le parole di Alessandro Barbero in un bellissimo podcast sulla vita di Marc Bloch.
E negli ultimi secondi della puntata, se ci arrivate, c’è il monito di Kurt Vonnegut che da queste parti è come il primo comandamento per i cristiani:
“We are here on Earth to fart around. Don’t let anybody tell you different.“
Kurt Vonnegut, “A Man without a Country”, (2005)
“Siamo qui sulla terra per andare in giro a cazzeggiare. Non date retta a chi dice altrimenti.”
Dura un paio di minuti in più rispetto al solito, neanche 23 in tutto: buon ascolto.
Credits
Distribuzione e licenza
Potete ascoltare e seguire questo podcast anche attraverso le seguenti piattaforme e modalità:
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“C’era una volta la blogosfera” è un podcast ideato, registrato e montato da Strelnik, pubblicato e distribuito sotto una licenza Creative Commons – Attribution-NonCommercial-ShareAlike 4.0 International (CC BY-NC-SA 4.0)
Linkografia
– – Kurt Vonnegut, “Cronosisma” | minumum fax
– Personalità confusa, “Le inquietudini della Non più Giovane Blogstar” | via Personalità confusa blog
– Dania, “Il successo non mi ha cambiata” | via Twitter
– Alessandro Barbero, “La responsabilità dello storico. Marc Bloch: dalla Sorbona alle carceri della Gestapo”| via Spotify
Musica e citazioni
– Bertolt Brecht canta “Die Moritat von Mackie Messer” | via UbuWeb
– Martijn de Boer (NiGiD), “Sudden Retropia” | via ccMixter
– Kurt Vonnegut Lecture – Case Western Reserve University, Cleveland, Ohio| via YouTube
– L’icona utilizzata nella copertina dell’episodio è di Personalità confusa.
Trascrizione dell’episodio 3: “We’re Only in It for the Memory“.
(Grazie a Catia Bianchi)
(qui potete anche scaricarla/visualizzarla in formato pdf | 118 KB)
[musica] Bertolt Brecht canta “Die Moritat von Mackie Messer”
Strelnik – “Cane di ruga productions” presenta: “C’era una volta – e c’è ancora – la blogosfera”.
Benvenute e benvenuti alla terza puntata.
[musica] Sudden Retropia | di Martijn de Boer (NiGiD)
Strelnik – Un podcast sui blog nel 2020, perché?
“Per i primi 33 anni della mia vita, raccontare storie con inchiostro e carta era un’importante industria americana. Benché all’epoca avessi moglie e due figli, fu un’azzeccata scelta professionale quella di lasciare il mio lavoro di addetto stampa alla General Electric, con assistenza sanitaria e pensione, avrei guadagnato di più vendendo racconti al Saturday Evening Post e a Collier’s, settimanali pieni di pubblicità, che in ogni numero pubblicavano cinque racconti brevi e una puntata di un romanzo d’avventura. Quando spedivo un racconto al mio agente, potevo star certo che, per quanti rifiuti potesse accumulare, prima o poi ci sarebbe stato qualcuno che me l’avrebbe pagato”.
Queste che avete appena ascoltato sono parole tratte dalle pagine 37 e 38 – per la precisione, per chi ha l’edizione di Minimum Fax – di Cronosisma, l’ultimo – purtroppo – libro di Kurt Vonnegut.
Io sono Strelnik, e ora provo a spiegarvi il perché di questa citazione iniziale.
Il primo motivo è un gancio virtuale con la parte finale del secondo episodio del podcast, quando Cronosisma – Timequake, in originale – è stato ricordato da Davide Carbonai. Davide Carbonai che vi devo presentare meglio al più presto, perché ormai è una presenza usuale di questo podcast, e il suo ruolo di mero disturbatore e interferenza non gli rende giustizia.
Il secondo motivo della citazione del grande Kurt di Indianapolis è che l’abbiamo letta, questa citazione, al blogger con cui abbiamo parlato oggi per affrontare l’antica e attualissima questione dello scrivere sui blog, in rete – anche fuori – per farne una professione o per camparci, o perlomeno per farsi pagare dignitosamente. È stato bello, per questo – bello e utile – contattare e scambiare parole e impressioni con Personalità Confusa, che possiamo chiamare tranquillamente uno dei blogger della prima ora, i suoi primi post sono online dal novembre del 2002, uno dei primi blog a conoscere, negli anni successivi, una notorietà e un seguito di lettori anche fuori dalla blogosfera; sarà che i personaggi nati nei suoi racconti in forma di post – come il Direttore Marketing, la Dirimpettaia, la Giovane Blogstar – sono, secondo me, tra i primi tentativi… i primi esperimenti capaci di ritrarre, con sarcasmo che è sempre ben mitigato dalla surrealtà, le nevrosi, i tic, le idiosincrasie della blogosfera italiana e sia anche i lati paradossali, grotteschi della propria quotidianità. Con il Confuso – così si firma da molti anni – abbiamo parlato della blogosfera di allora e di adesso, dei geniali dilettanti e dell’attitudine – se ancora si suo può dire così – di chi scrive sui blog per guadagnare semplicemente dei soldi e chi invece ci scrive e dei soldi non gliene frega niente. Abbiamo parlato anche dell’importanza della memoria, seppur digitale. però Adesso io mi cheto e vi lascio alla conversazione vera.
Signore e signori, Personalità Confusa.
Strelnik – Veramente tu hai pensato, noi abbiamo pensato, che essere pagati per i propri contenuti poteva essere possibile?
Personalità Confusa – Ah, ok. Allora, secondo me lo abbiamo pensato, abbiamo sperato che potesse succedere questa cosa, però sapevamo che era molto difficile. Io inizierei a dire questo: noi…, non lo so…, io, te e gli altri, che nel 2001 usavano questi strumenti, l’hanno iniziato a fare come se fosse un po’… io penso sempre a quelli che dipingono gli acquarelli, no?, che vanno con la tela e il cavalletto all’aria aperta, dipingono i quadri, poi li fanno vedere agli amici, dice “ma com’è? Bello, brutto… Ma il tuo è meglio…”, ecco, io ci vedevo un po’ così, come dei dilettanti, dei dilettanti che però amavano la scrittura, la letteratura, i libri e comunque raccontare le cose e che, così, hanno trovato finalmente uno strumento per condividere questa passione, questo passatempo – chiamiamolo come vogliamo – sperando un giorno di guadagnarci dei soldi, però sapendo che sarebbe stato molto difficile. Poi, io in questi… quanti anni son passati, quasi venti?
Strelnik – Sì.
Personalità Confusa – Ecco, in questi vent’anni ho visto che alcuni… – adesso non so te, io no – sono riusciti a farci anche parecchi soldi dopo con ‘sta cosa, no? C’è gente che fa il giornalista, conduce programmi in televisione, che comunque è un modo sempre di scrivere, no? Insomma, diciamo che qualcuno c’è riuscito a farli ‘sti soldi. Non lo so, a noi ci sarebbe piaciuto farli, non li abbiamo fatti, però forse…
Strelnik – Mi hai fatto venire a mente un tweet di Dania, Daniela Farnese…
Personalità Confusa – Sì, sì.
Strelnik – Dice “il successo non mi ha cambiata, perché non ce l’ho avuto”.
Personalità Confusa – Esatto, è così. Ecco, per esempio, lei è una di quelle che…, adesso io non la sento da un po’ di tempo, però a un certo punto un po’ di soldi…, cioè aveva degli editori anche importanti che le facevano pubblicare dei romanzi. Se non avesse usato quel tipo di strumenti, sarebbe riuscita? No, avrebbe probabilmente mandato una carrettata di manoscritti agli editori, quasi nessuno li avrebbe letti e, benché lei sia bravissima, probabilmente non sarebbe stata notata.
Strelnik – Possiamo chiederlo a Dania in uno dei prossimi…
Personalità Confusa – Eh, bravo. Invitala, invitala.
Oggi… non lo so, oggi, i blogger di adesso come li vedi invece? Giriamo la domanda, anche perché noi eravamo così, no?, secondo me eravamo come ho detto io, cioè lo facevamo in una maniera molto diversa da quella di adesso, invece adesso c’è proprio un blogger che si mette lì a scrivere perché vuol fare i soldi, cioè lui dice “adesso mi metto qua a scrivere ricette tutti i giorni, scrivo tutti i giorni di un particolare argomento e dagli, dagli e dagli, fra sei mesi le aziende iniziano a chiamarmi e mi chiedono “facci un post sulla nostra… – non lo so – sui maccheroni che facciamo noi…””, quelle cose lì. Ai nostri tempi questa cosa qua non c’era; adesso non so a te, ma a me non succedeva che l’azienda ti chiamasse e ti dicesse “Strel, ma perché non ci fai la ricetta della pasta…”, non succedeva, invece adesso succede questa cosa, così come succede che…, e non solo per le ricette, ma succede anche, vedo, per quasi tutti i prodotti, no? Ci sono i blogger che scrivono di libri, di motociclette…, di tutte le cose.
Strelnik – Sì, sì.
Personalità Confusa – Per cui è molto diversa, ecco, questa…
Strelnik – Eravamo tipo geniali dilettanti in selvaggia parata, tra Fenoglio e Ferretti.
Personalità Confusa – Sì, sì, sì.
Strelnik – Rileggendo e preparando un po’ la puntata, e siccome tu sei in modalità slow–blog da un bel po’ di tempo…
Personalità Confusa – Eh, hai voglia! Hai voglia! Sì, sì, sì.
Strelnik – Sono andato un po’ a cercare cose sull’argomento, anche su, appunto, questa cosa con cui abbiamo iniziato, sullo scrivere in rete un blog e farsi pagare. La maggior parte dei risultati di Google di adesso che ti escono fuori, ma fino alla decima pagina, sono “come aprire un blog e fare i soldi”, sono tutti su questa area semantica qua. Quello che adesso è l’influencer, no?, su Instagram o anche all’interno del blog – quelli che rammentavi tu – è la BlogStar di allora con tanta ingenuità in meno e voglia di usar la rete semplicemente non per scopi diversi dalle relazioni sociali?
Personalità Confusa – Ci sono, secondo me, molte differenze fra… Allora, innanzitutto, secondo me, i numeri dei nostri tempi – e parlo del 2003, del 2001… – erano numeri molto diversi da quelli di adesso, per cui quella che noi – secondo me, con ironia – chiamavamo BlogStar…, perché poi come si faceva?, si era Star in un universo molto piccolo, invece oggi stiamo parlando di persone che hanno un seguito molto, molto, molto, molto più vasto; innanzitutto perché è cambiato il modo di fare questa cosa e poi loro hanno… oggettivamente, se tu ci pensi, hanno gli strumenti molto più sofisticati di quelli che avevamo noi, cioè noi avevamo semplicemente un post dove scrivere e finiva lì, mentre invece loro hanno tutta la parte dei social network con le notifiche, che sono una cosa che ai nostri tempi era impensabile, cioè, io, se dovevo sapere che tu, Strel, avevi scritto una cosa, dovevo andare continuamente lì a vedere la cosa, e se mi passava di mente non… dopo non ci… cioè me la perdevo. Io usavo questa piattaforma italiana, all’inizio almeno, che si chiamava Splinder, che era secondo me un po’ l’antenato dei social network, che iniziava ad avere qualcosa delle piattaforme social che abbiamo visto negli anni successivi, però non c’era tutta quella parte di alert e di cose che invece ci sono ora e che sono molto più pervasivi, per cui ti aiutano molto a seguire i blog e la gente che scrive, che posta su Instagram, Facebook, eccetera. E poi, ripeto, secondo me i blogger di adesso, che sono forse più orientati anche, no?, a trasformare questa cosa in quattrini, mentre noi eravamo più ingenui e…, sì, avevamo questo sogno di un giorno poter ognuno scrivere il proprio romanzo, ma sapevamo sotto sotto che sarebbe stato molto difficile, invece questi ci credono veramente; magari non è un romanzo ma è un’altra cosa, però è comunque farsi pagare da un’azienda che viene lì e ti dà dei soldi in cambio di parlare di un tale prodotto, la tale cosa, eccetera. Quindi, non so…, è lì che ci siamo fermati, cioè noi, secondo me, non abbiamo capito che l’obiettivo non era fare il romanzo, non era fare come Vonnegut, diventare dei veri scrittori, ma il modo per monetizzare, per trasformare in quattrini questa cosa era rivolgersi alle aziende. Solo che, secondo me, non l’abbiamo fatto anche perché non ci piaceva; cioè, a me l’idea che un’azienda ti chiama e ti dice “ma guarda, se tu in un post di domani parli bene dei…”.
Strelnik – Fusilli.
Personalità Confusa – “…dei fusilli Barilla, allora ti diamo dei quattrini, pochi ma te li diamo”. Poi il giorno dopo tu ancora parli… e continui e continui. Ecco, questa cosa qua tu l’avresti fatta? Non lo so, io… non lo so, dipende da quanti soldi mi mettevano sul piatto, ma probabilmente all’inizio ne avrebbero messi pochi, per cui… Non lo so tu cosa fai esattamente, però un pochino qualche consulenza, qualche lavoro secondo me ci sono venuti fuori da questi blogger.
Strelnik – Sì.
Personalità Confusa – Però non siamo riusciti a trasformarlo nel sogno che era quello, appunto, di campare di scrittura. Ecco, Vonnegut è riuscito bene o male a campare di scrittura, oggi forse campare di scrittura… o sei Vonnegut, quindi sei bravissimo, o devi un po’ venderti alle aziende. Peraltro, Vonnegut, credo che anche lui facesse all’inizio delle cose…, era addetto stampa, no?, quando era lì alla General Electric…
Strelnik – Sì.
Personalità Confusa – Per cui, insomma, bisogna… Non ci siamo… non so, ecco, forse non ci siamo voluti vendere o forse nessuno ci ha voluto comprare, dipende dai punti di vista.
Strelnik – Io non voglio essere manicheo o – peggio che mai – un grande esaltatore dell’età dell’oro dei blogger, che non c’è mai stata ed età dell’oro non esistono da nessuna parte…
Personalità Confusa – No, no…
Strelnik – E quindi non voglio nemmeno dire che adesso l’approccio principale dell’aprire un blog sia per forza quello di farci dei soldi sopra, perché ci sono migliaia di blogger in Italia che scrivono per il gusto di scrivere, è certo che quelli che invece vogliono provare a farne un lavoro, a monetizzare – anche se poi se li bevono tutti in Campari, quei soldi lì – ci provano con più strumenti… io non voglio usare questa parola, col “cinismo”, però un po’ sì: sanno che i numeri sono un po’ più grossi, sanno che la marchetta che fanno può essere più venduta, sanno anche che la controparte che gli darà i soldi cercherà sempre di dargli meno soldi possibile e di farli scrivere il più possibile. Io non vorrei che la conclusione nostra fosse che noi pensavamo di essere pagati e non ci hanno pagati e invece adesso proprio non pagano più nessuno, perché comunque nelle redazioni dei giornali e delle riviste c’è un esercito di persone sottopagate o non pagate o pagate con la vecchia promessa della visibilità… Ecco, sulla visibilità…
Personalità Confusa – La visibilità, bellissima questa cosa della visibilità, sì, sì, anche questa c’è sempre stata, forse noi abbiamo iniziato a vedere quello, cioè la visibilità: ma io non ti pago, però tu dopo, dal fatto che io ti do questa visibilità – che non si capiva neanche bene cosa fosse – un giorno vedrai che farai successo…” eccetera, eccetera.
Strelnik – Sì.
Personalità Confusa – Secondo me, quello che noi dovremmo fare adesso… – io non lo faccio da tanto tempo – che mi piacerebbe fare, ecco, se avessi un pochino di tempo, sarebbe la cosa di tornare a scrivere per il piacere di raccontare se stessi, perché poi secondo me la scrittura autobiografica non solo è…, la scrittura è sicuramente la più semplice perché, come dicono i grandi che insegnano a scrivere, bisogna raccontare di cose che si conoscono bene, per cui prima di se stessi e poi delle ricette…, poi se sai fare le ricette racconti anche delle ricette, però…, ma poi ha un che di terapeutico, cioè raccontarsi per iscritto è diverso, non ce n’è che raccontarsi con le fotografie, raccontarsi con i video o raccontarsi a parole, eccetera, è una cosa diversa. A me, ecco, piacerebbe…, non lo faccio da tanto tanto tempo, però mi piacerebbe tornare a scrivere su internet liberamente. Adesso io lo faccio, appunto, anch’io non come blogger, ma comunque lo faccio per aziende che mi chiedono di scrivere delle cose che non hanno nulla di personale e di autobiografico, però, secondo me, io, te e tutti quelli di quella banda lì degli anni 2001… 2003, quattro, cinque… Adesso vedo che molti usano Facebook, usano i social network perché, chiaramente, è più semplice ed è più facile, e va benissimo anche usure social network, però, ecco, a me piacerebbe riprendere a raccontare i… i fatti miei. Poi non importa se mi leggono in tre o in zero… Anche questa cosa di essere letti… Ma l’importante è, secondo me, che le nostre memorie…, quello è un modo di tenere le nostre memorie; poi, un giorno i nostri figli troveranno che noi raccontavamo le nostre cose in questo modo e andranno a leggersele, però allora il loro valore sarà quello. Per cui, potrebbe essere questa secondo me la chiave per ritornare a fare questa cosa, io la vedo come l’unica possibile, non cercare di scrivere per far quattrini, perché a quel punto ormai… le cose cambiate sono troppe, però si potrebbe pensare di ritornare a scrivere per se stessi e per trasmettere la memoria agli altri, alla famiglia, agli amici, a chiunque sia interessato a quello che abbiamo da dire. Cosa dici? Non so tu cosa… Tu probabilmente lo stai facendo ancora adesso, e io vedo che faccio un po’ più fatica, però mi piacerebbe riprendere.
Strelnik – Io sto provando a farlo attraverso il… un po’ il testo – perché sono completamente d’accordo con te che raccontarsi attraverso il testo scritto è tutt’altra cosa rispetto a usare immagini o anche audio – sto provando a farlo con il podcast e anche con il podcast…, sono anche innamorato in questo periodo, anzi da diversi anni, proprio di…, come si chiama?, di autofiction, biofiction, no?
Personalità Confusa – Ah, sì, sì, sì, bello.
Strelnik – Che non voglio dire assolutamente assomiglia ai blog, anzi una delle accuse – poveri noi – che sono state fatte molte volte è quella di essere degli onanisti, di essere autoreferenziali, no?, l’autoreferenzialità che…, ma è impossibile che un ambiente e una comunità che si sviluppino non si mettano poi a parlare anche delle dinamiche interne, quindi ci proverò anch’io a scrivere di più, sono d’accordissimo con te che dopo un po’ che ho riaperto il blog mi viene da scriverci gli affari miei, proprio mi viene da scriverci la mia vita…
Personalità Confusa – Eh.
Strelnik – Lo vedo che scrivere sul blog del blog – come diceva la Pizia– non si fa, è una delle regole del blog.
Personalità Confusa – E aveva ragione.
Strelnik – Il blog serve per scrivere… Il web blog è il diario personale.
Personalità Confusa – Esatto, esatto, è lì che secondo me bisognerebbe tornare. Poi questa cosa, appunto, l’autoreferenzialità… boh, cosa vuol dire?, che non si può scrivere o parlare di se stessi? Tutta la grande letteratura nasce dal raccontare se stessi, no?, da Joyce, Proust…, cioè tutti i più grandi…, Vonnegut, tutti raccontavano se stessi, poi magari lo raccontavano – esatto – usando il meccanismo che dicevi tu prima, cioè quello dell’autofiction, per cui non era proprio la verità, era una finzione in cui però c’era…, però la grande letteratura, almeno dal Novecento in avanti, è quasi tutta… Per cui, perché noi, poveretti, che non siamo di sicuro né Proust e né Joyce, però non possiamo scrivere di noi stessi? Forse ci avevano scambiati un po’ come degli aspiranti giornalisti.
Strelnik – Sì.
Personalità Confusa – Ma noi non eravamo degli aspiranti giornalisti, noi eravamo della gente che voleva scrivere e raccontare delle storie, voleva raccontare soprattutto le cose di sé, voleva esprimere il sé, ma questo mi sembra una roba abbastanza normale.
Strelnik – Assolutamente sì.
[suono di chiamata di Skype]
Strelnik – Eh, lo sapevo! Stavolta è in ritardo, eh.
Davide Carbonai – Strelnik!
Strelnik – Eh!…
Davide Carbonai – A questo giro un ce l’ho fatta, ti disturbo ora, eh?, e ho ascoltato anche un pezzettino.
Strelnik – Di intervista?
Davide Carbonai – Certo, certo, dei pezzetti, dei pezzetti. Mi son venute in mente un po’ di ‘ose.
Strelnik – Sì, dicci… diciamocele, perché siamo in zona Cesarini eh, siamo…
Davide Carbonai – No, per fa’ du’ discorsi ‘osì. Poi avevo… ieri, proprio, ero a sentire Barbero, Alessandro Barbero, professorone!, un episodio su Marc Bloch.
Strelnik – Bello!
Davide Carbonai – Uno storico francese – tra l’altro un episodio bellissimo – e Barbero, insomma, fa dei ganci tremendi su un sentimento, la metodologia dello storico, il lavoro dello storico e la questione della memoria, e poi racconta – come solo lui sa fare – la storia di Marc Bloch, e questa ‘osa della memoria m’è parsa interessante: la fragilità delle testimonianze; i testimoni che raccontano una cosa però, magari, tra la realtà, quello che succede per davvero, e il racconto – e quindi la memoria – c’è una differenza tremenda. E Marc Bloch, insomma, si occupa di questo, l’iperrealtà – altro tema…, che poi, tra l’altro, si riaggancia – di Baudrillard. Questo mondo confuso…
Strelnik – “Il mondo confuso” è bello, perché abbiamo parlato con Personalità Confusa…
Davide Carbonai – Esatto, esatto.
Strelnik – …e “mondo confuso” mi sembra un gran finale, allora. Senti, la prossima puntata però ti presento per bene, perché un si po’ fa così, bisogna anche un po’ fa per serio, fai dei podcast seri… Questo ruolo di disturbatore ti sta stretto, non va bene, non ti rende giustizia, lo dicevo anche nella prima parte del podcast.
Davide Carbonai – Va bene.
Strelnik – Ci si sente la prossima volta. Ciao!
Davide Carbonai – Ciao!
strelnik
Social feedback grabbing, ossia riportando i commenti a casa.
Incollo qui sotto i commenti pubblicati sui social network nei giorni successivi alla pubblicazione dell’episodio. Questi vengono da Facebook.
Gaspar Torriero | 14 Dicembre 2020
Ho ascoltato con molto piacere il Confuso ricordare i vecchi tempi, ma mi ha sorpreso quando ha detto che con i blog “non si guadagnava”. Mi par di ricordare che proprio il Confuso lanciò un fruttuoso appello dal suo blog, perché lo aiutassero a mollare l’odiata azienda di allestimento fiere in cui stava lavorando; quindi indirettamente il blog gli ha portato guadagno 😃
(Lorenzo io me la ricordo così, dimmi se sbaglio)
Strelnik
Caro Gaspar, non mi ricordavo di quel post, ma spero vivamente sia successo davvero.
(sentiamo Lorenzo, per sicurezza)
Lorenzo Confuso
Gaspar Torriero, @Strel, in realtà l’azienda mi ha cacciato quando ha scoperto che io prendevo in giro i dirigenti sul blog facendone personaggi di un’autofiction, e poi per altri motivi (la crisi, la ristrutturazione). Ma vabbe’. Però io non ho mai pensato che con i blog si potessero far davvero i soldi. Ma che con i blog si potessero incontrare belle persone come voi due, sì. 🙂
Strelnik
Dopo aver saputo questa cosa della cacciata e dei personaggi, son sempre più convinto ch l’associazione col grande Vonnegut non sia stata per nulla casuale.
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Eloisa Di Rocco | 14 Dicembre 2020
intanto metto un cuore. mi riservo di commentare non appena lo ascolto
Lorenzo Confuso
Attendo trepidante di (ri)ascoltare la voce di Eloisa – Maximiliano Bianchi avvisami, per favore, quando posti il vostro dialogo!
Strelnik
Se Elisa vuole, sarà fatto, dottò.
Eloisa Di Rocco
Intanto io ho appena ascoltato la vostra! Uno a zero
Eloisa Di Rocco
No, io non saprei cosa dire, davvero. Solo cavolate, forse. Come ne dicevo allora.
A me fanno tanta tenerezza quegli anni. Ci credevamo parecchio un po’ tutti dai… La Blogfest (che andrebbe rifatta in stile Guccifest, allora sì che ci divertiamo), il webbit, le raccolte di racconti. Che ridere, dai. Chissà cosa pensavamo di fare, mah. Alla fine la maggior parte ha aperto una p.iva e stop. Sai che rivoluzione.
Invece c’è una cosa che mi commuove ogni volta che ci penso: chi si è innamorato e perfino sposato con persone conosciute grazie ai blog, con figli o – tante – senza. Che mi sembrano fra le coppie più felici che io conosca. No?
Strelnik
Eloisa, se e quando ti venisse voglia di parlarne, mi fai un fischio e ci sentiamo.
La frase “Chissà cosa pensavamo di fare, mah. Alla fine la maggior parte ha aperto una p.iva e stop. Sai che rivoluzione” sarà comunque citata nei prossimi episodi. È una sintesi brechtiana, intonata con la sigla del podcast.
Sulle coppie e gli innamoramenti: è vero, sempre ricordando che ogni blog felice si assomiglia ma ogni blogger è infelice a modo suo. O l’inverso, forse.
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Christian Zoltar Bellomo | 15 Dicembre 2020
Confu 🥰
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Arsenio Bravuomo | 16 Dicembre 2020
campare di scrittura
Lorenzo Confuso
le matte risate
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Roberto Mastromarini | 17 Dicembre 2020
Max, sto salvando i link per un ascolto quanto più prossimo venturo… grazie!