Yin, Yang, Dyane
Sette o otto anni, di più non ne avevo. Il prete a dottrina sudava per farci comprendere il concetto di trinità.
Fossero stati in due forse ce l’avrei anche fatta a comprenderla. Con tre parti il gioco si faceva più astruso e allora o te la sapevano intortare bene o ti veniva il leggero sospetto che te la stessero dando a bere.
Visti con gli occhi dei fruitori delle serie di questi anni, Padre e Figlio che sono la stessa persona sono un effetto sorpresa abbastanza dozzinale, ma la furiosa immaginazione – e la capacità di temporanea sospensione del dubbio – della mia mente di bimbetto allora poteva sopportarlo. Quando entrava in gioco lo Spirito Santo la cosa sapeva troppo di posticcio.
A parte lo Spirito Santo, c’era comunque quel “generato non creato, della stessa sostanza del padre” che tornava poco. Il prete ci teneva tanto a questa distinzione che a me pareva un po’ raffazzonata. Certo, pur essendo un appassionato di storia e di politica, il pievano mica poteva parlarci del turbolento concilio di Nicea e delle maniere forti* usate per bollare come eresia l’arianesimo e quel suo insistere sul fatto che Gesù non fosse il Figlio di Dio.
Spiegare le lotte interne del primo concilio ecumenico cristiano a dei bimbetti e delle bimbette di otto anni non andava bene e non andava fatto. E allora si imparava a mente e il credo niceno stava a posto così.
Nicea o non Nicea, in quegli anni mi era molto più facile comprendere e sentire mio un altro concetto, fuori dalla religione cristiana e visto e rivisto, invece che al catechismo, su molti muri della provincia pisana alla fine degli anni settanta, inizio ottanta. Era il simbolo dello yin e dello yang, quel cerchio diviso da una linea curva a separare due metà, una bianca e una nera reciprocamente abbracciate. “Anche nel bene c’è un po’ di male e anche nel male c’è un po’ di bene”. Così me l’aveva spiegato un ragazzo un po’ più grande di me un giorno che avevamo visto questo adesivo dello yin e dello yang appiccicato sul retro di una Dyane parcheggiata nella piazza del paese.
Diversi anni dopo sarebbero arrivati, tra gli altri, Spinoza, Rosa Luxemburg e Sam Peckinpah a illustrare meglio come ogni cosa contenga il suo contrario e che Dio è tutto e niente e che è la stessa cosa – almeno così è per me.
Nel frattempo, tra un adesivo in mezzo alla strada e il prete in chiesa non c’era gara.
* secondo questa fonte, mentre Ario esponeva le sue idee, il futuro san Nicola di Bari si alzò dalla sedia e gli andò a mollare uno sganassone in faccia che quasi fece cadere Ario a terra.